IL GATTINO DEL PANSHIR – DOMENICO QUIRICO: “PER INVENTARE UNA RESISTENZA NON BASTA MASSOUD JUNIOR CHE HA FACCIA DA GUERRIGLIERO FASHION, DA PARTIGIANO ALLA VANITY FAIR. CI VORREBBE LUI, AHMAD SHAH MASSOUD, CHE I SEGUACI ADORANTI CHIAMAVANO ‘AMER SAHIB’, IL COMANDANTE SIGNORE, CHE SCESE IN GUERRA CON 25 SEGUACI, 17 VECCHI FUCILI E 30 DOLLARI IN CONTANTI E IN TEMPI DI PUSILLANIMITÀ SFIDÒ I DUE GRANDI TOTALITARISMI DEL SECOLO” – “AMERICANI ED EUROPEI NON ASPETTANO ALTRO CHE RIPRENDERE LE TRATTATIVE CON I DIAVOLI ISLAMISTI. LO CHIAMEREMO REALISMO…”
Domenico Quirico per “La Stampa”
Arrivano notizie lugubri anche dal Nord: ringagliarditi dalle nostre infinite ebetudini i taleban mettono le mani anche sulla valle del Panshir, bastione degli irriducibili, escrescenza virtuosa di tagiki eterni ribelli.
Sfuma l’epopea già immaginata dai soliti inventori di romanzi rosa e da collocare sotto le cupe ombre dei monti che lo sovrastano con aria superba: la valle che già disfece l’impero sovietico che resiste impavida ai turbanti neri attorno al giovane Massoud si raggruppano via via e riprendono animo tutti quelli che vogliono dire no ai taleban e al medioevo incipiente l’Occidente umanistico e servile cerca di farsi perdonare il tradimento e torna in campo…
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Kabul è stata abbandonata, bene, nulla è perduto, la si può riconquistareil diluvio può diventare seconda creazione. La sceneggiatura non regge. Illusioni.
L’epifania del bene è rinviata a data incerta. Anche nel Panshir prudentemente si fanno sparire le immagini dei Massoud, padre e figlio, dalle case da tè dai taxi dai negozi. Son già peccato mortale.
Gli eroi sono stanchi, non marceranno: le epopee come i miracoli non si ripetono se si è perso lo stampo.
Il sordido ventennio dei gerarchi americani, dei Karzai e complici, ha fatto metter su pancia a quelli che i russi, tremando, chiamavano «dukhi», fantasmi. Non parlano più con il fucile come Orlando con Durlindana sulla pietra di Roncisvalle. Forse anche tra loro ci sono alcuni che avevano i bagagli già pronti.
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Per inventare una resistenza non basta Massoud Junior che ha faccia da guerrigliero fashion, da partigiano alla Vanity Fair.
Ci vorrebbe lui, Ahmad Shah Massoud, quello che i seguaci adoranti chiamavano «amer sahib», il comandante signore, che scese in guerra con 25 seguaci, 17 vecchi fucili e 30 dollari in contanti e in tempi di pusillanimità sfidò i due grandi totalitarismi del secolo.
ETTORE MO CON AHMAD MASSOUD IL LEONE DEL PANSHIR
Un gigante di cui è difficile scrivere la biografia: l’uomo ci sfugge perché l’eroe trabonda.
Anche se si tenta volenterosamente di copiarne la capigliatura e i gesti non basta sistemarsi in testa il pakol e indossare cerimoniosamente un mantello per diventare guerrigliero.
Corriamo il rischio di contraddire i pareri autorizzati: dopo la riuscita evacuazione di centomila persone descritta come inaugurazione autofaga di un mondo radioso nessuno ha mai pensato di voler veramente aiutare la timida resistenza del Nord.
il nascondiglio di bin laden in afghanistan 2
Americani ed europei sono felici di aver appena cavato i piedi da quel macello e non aspettano altro che riprendere le trattative con i diavoli islamisti. Lo chiameremo realismo; o necessità di non far pagare alla popolazione le colpe dei furori taleban; o astuzia per tener a bada gli altri imperialismi russo cinese turco.
E c’è la guerra all’Isis locale…se la brutalità taleban ci desse una mano? E poi per difendere il Panshir ci volevano bombardamenti aerei, e poi sarebbero venute le truppe speciali e poi le armi moderne da fornire ai resistenti e cibo per la popolazione assediata.
Dollari da aggiungere ai dollari già sperperati, probabilmente qualche morto, il rischio che i dispettosi taleban si vendichino creando una Tortuga di tutti i fanatici una follia! In fondo l’aspirante leoncino del Panshir era un impiccio, le sue promesse di resistenza fino alla morte (ma forse non ci credeva neppure lui) suonavano come una accusa implicita alla nostra fuga.
La leggenda di Massoud negli Anni 80 del secolo scorso fu una perfetta operazione di comunicazione dei francesi, a cui il signore feudale vendeva i diamanti del Panshir. Ci voleva un eroe, lui ne aveva la stoffa. Lo scelsero, per di più parlava un po’ il francese.
La leggenda, bisogna dirlo, presentava molte ombre e ipocrisie: rifiutava di metter il velo alle donne quando conquistò Kabul ma lo esigeva nel suo dominio feudale, era pietoso con i nemici russi ma fece strangolare in sua presenza senza batter ciglio due combattenti responsabili di saccheggio, era nemico implacabile dell’islamismo ma era alleato fedele del più fanatico islamista afgano, Sayyaf.
zabihullah mujahid portavoce dei talebani
Eppure ebbe ragione Bin Laden che ordinò la sua morte a due dei suoi apostoli assassini travestiti da giornalisti come necessaria «ouverture» dell’attentato delle due torri. La morte di quell’uomo in una delle faglie sismiche del mondo, era necessaria perché la vera guerra quella mondiale del jihad globalizzato e planetario potesse avere inizio.
Se Massoud, quello vero, fosse ancora vivo i taleban avrebbero rivinto? Il carisma che mobilitava i suoi seguaci in modo formidabile aveva elementi di pericolosa ambiguità, serviva ai suoi combattenti anche per aggirare e disobbedire alle regole di uno Stato centrale che fosse costruito sulla eguaglianza e non sulle appartenenze e le scorciatoie tribali.
Senza di lui il carisma ad personam, autoreferenziale, infatti, non ha retto, il suo movimento è affondato nella corruzione, le lotte interne, l’isolamento etnico. I Massoud, quello forte e quello debole, sono soltanto dei signori della guerra. –
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