Il gip di Venezia ha archiviato la posizione della pm di Bergamo Letizia Ruggeri accusata di frode processuale nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio. Lo riferisce all’AGI l’avvocato Claudio Salvagni, legale di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per il delitto.
La pm Letizia Ruggeri “non nascose” le 54 provette contenenti campioni di dna prelevati sugli abiti di Yara Gambirasio, semplicemente era convinta che “l’esito raggiunto dagli accertamenti tecnici durante le indagini preliminari sulla base del dna nucleare non potesse essere messo in discussione da ulteriori analisi sul dna mitocondriale”. Questo uno dei passaggi del complesso provvedimento di archiviazione lungo 25 pagine firmato dal gip di Venezia Alberto Scaramuzza che scagiona la magistrata dalle accuse di frode processuale e depistaggio. Sugli slip e i leggins della giovanissima ginnasta furono trovate tracce del dna di ‘Ignoto 1’ poi identificato in Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio.
Secondo la difesa dell’ex muratore di Mapello, Ruggeri avrebbe “scientemente e volutamente” taciuto sull’esistenza delle 54 provette durante tutto il processo nel timore altre analisi avrebbero dato un esito diverso”. Il gip riporta un’interpretazione “opposta” e cioè che la pm “si fosse formata una convinzione certa dell’irrilevanza di ulteriori analisi”. Bocciata anche la tesi che Ruggeri non avrebbe fatto il possibile per conservare al meglio le tracce genetiche precludendo così un possibile processo di revisione della condanna all’ergastolo.
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“Il pm non è il custode dei corpi di reato così come non lo è il giudice – scrive il gip – trattandosi di servizio demandato alla cancelleria o alla segreteria. Ciò premesso è ovvio che il cancelliere o il segretario debbono dare esecuzione ai provvedimenti dei rispettivi magistrati, per cui può residuare una responsabilità del pm non quanto custode, ma in quanto abbia adottato determinati provvedimenti poi eseguiti dal custode”.
Ma anche seguendo questa pista per il giudice veneziano Ruggeri non ha sbagliato. “In fase di indagini, fino a quando le provette erano sequestrate, il pm poteva o farle custodire in segreteria o, come ha fatto, farle custodire in altro luogo, in questo caso il laboratorio del San Raffaele di Milano”.