In una recente pronuncia, la prima sezione penale della Corte di cassazione ha offerto una prospettiva innovativa sul delicato tema delle molestie, in particolare su come interpretare l’espressione “col mezzo del telefono” nell’era digitale.
L’art. 660 del codice penale, che riguarda le molestie, fa riferimento al termine “col mezzo del telefono”. Ma come si inquadra questa espressione nell’attuale scenario digitale dominato da piattaforme social come Instagram e Facebook? Questa è la domanda a cui la Corte di Cassazione ha cercato di dare una risposta.
Innanzitutto, è chiaro che la legge, redatta nel lontano 1930, si riferiva alle comunicazioni tradizionali, come le telefonate dirette. Ma viviamo in un mondo dove la comunicazione ha assunto molte forme, e non tutte possono essere paragonate alla diretta interazione di una chiamata telefonica.
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Libera scelta del ricevente
Secondo la Corte, uno dei punti chiave è che “le notifiche dei messaggi in arrivo possono essere attivate per scelta libera dal soggetto che li riceve”. Questo significa che l’utente ha il pieno controllo sulla modalità e sul momento in cui desidera interagire con i messaggi che riceve. Questa possibilità di “filtro” rende le piattaforme di messaggistica telematica meno invasive rispetto alle tradizionali chiamate telefoniche e, in un certo senso, più simili alle comunicazioni epistolari.
Una delle affermazioni più pregnanti della sentenza riguarda proprio la natura delle nuove forme di comunicazione: l’essenza dell’invasività non dipende da chi invia il messaggio, ma dalla scelta di chi lo riceve. In altre parole, se una persona si sente molestata da un messaggio ricevuto su una piattaforma social, ciò avviene perché ha scelto di interagire con quel messaggio in quel particolare momento, non perché è stata costretta a farlo.
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Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa