Negli ultimi mesi il tema dei decreti attuativi ha trovato poco spazio all’interno del dibattito pubblico. Eppure si tratta di un argomento che non deve essere sottovalutato dato che dalla pubblicazione di questi atti dipende l’attuazione pratica delle leggi.
I decreti attuativi sono atti di secondo livello (decreti ministeriali, regolamenti) necessari per la concreta attuazione delle leggi. Un secondo tempo spesso ignorato, ma che lascia molte norme incomplete.
Purtroppo non sempre i soggetti coinvolti (principalmente i ministeri) sono solerti nell’emanazione di questi atti. Anche perché non sono previste conseguenze negative in caso di inadempienza. Molto quindi dipende dalla volontà politica dei governi di perseguire tale obiettivo.
Alla data del 22 giugno gli atti di questo tipo che ancora mancavano all’appello erano 483, in leggero aumento rispetto al nostro ultimo aggiornamento se si considerano solamente quelli legati a leggi entrate in vigore tra il 2018 e il 2023. Tra questi ve ne sono molti che bloccano l’erogazione di fondi già stanziati.
Molti di questi atti peraltro non sono stati pubblicati nonostante la legge avesse stabilito un termine preciso per tale adempimento. Per questo è importante mantenere alta l’attenzione su questo tema.
Lo stato dell’arte
Grazie ai dati messi a disposizione dall’ufficio per il programma di governo è possibile tracciare un quadro abbastanza accurato riguardo l’importanza dei decreti attuativi nel processo di implementazione delle leggi.
Al 22 giugno le attuazioni richieste complessivamente dalle norme pubblicate tra la XVIII e la XIX legislatura (2018-2023) erano 2.036. Di questi atti, 483 dovevano ancora essere emanati. A livello complessivo, il numero maggiore di attuazioni richieste fa riferimento a norme varate dal governo Draghi (780 di cui 199 ancora da pubblicare). Seguono gli esecutivi Conte II (705 di cui 61 da pubblicare), Conte I (283, 19 da pubblicare) e Meloni (268, 204 da pubblicare). Considerando però solamente le attuazioni che devono ancora essere pubblicate il governo Meloni sale al primo posto.
Questa situazione è abbastanza fisiologica visto che le norme varate dall’attuale esecutivo sono le più recenti. Ministeri e altri soggetti coinvolti quindi hanno avuto meno tempo a disposizione per predisporre gli atti richiesti e pubblicarli. Tuttavia l’attuale governo ha già emanato diverse norme, tra cui la legge di bilancio e diversi decreti legge che stanziano ulteriori risorse. Molte di queste misure necessitano di decreti attuativi, la maggior parte di tali atti però ancora manca all’appello. Questo dovrebbe essere considerato come un importante campanello d’allarme.
Spostando il focus sul lavoro che devono fare i ministeri vediamo che quello più coinvolto è il dicastero dell’economia con 303 decreti attuativi richiesti di cui 59 ancora da emanare. Seguono il ministero delle infrastrutture (221 attuazioni di cui 62 da emanare) e quello dell’interno (158 di cui 21 da emanare).
In valore assoluto il ministero più in difficoltà è quello dell’ambiente (Mase) chiamato a pubblicare 68 attuazioni residue. Al secondo e al terzo posto invece ci sono i già citati Mit (62) e Mef (59). Se però si considera il rapporto percentuale tra le attuazioni ancora da pubblicare e quelle richieste in totale per ogni ministero, il Mase scende al secondo posto (50% di attuazioni mancanti) superato dalla struttura che fa riferimento al ministro per l’Europa, la coesione territoriale e il Pnrr Raffaele Fitto (87,5%). Al terzo posto invece si trova il ministero dello sport (41,9%).
Le risorse bloccate
Come anticipato nell’introduzione, i decreti attuativi svolgono un ruolo fondamentale nel processo che porta all’erogazione di fondi a favore di cittadini, imprese, associazioni ed enti pubblici. Ad esempio, ai decreti attuativi è demandato il compito di individuare le modalità di selezione dei soggetti beneficiari delle risorse e anche come queste dovranno essere erogate. Senza tali indicazioni l’ammontare di fondi messo a disposizione di fatto rimane solo sulla carta.
Le attuazioni che ancora mancano all’appello per questo scopo sono in totale 124 (il 25,7% di tutte quelle mancanti). Le risorse bloccate sono al momento circa 13,2 miliardi. La situazione non deve essere sottovalutata. Anche perché, allo stato attuale, 60 fra questi decreti attuativi avrebbero già dovuto essere pubblicati ma la scadenza prevista non è stata rispettata.
In generale, a livello di singoli provvedimenti, quello che blocca l’erogazione di fondi più consistente riguarda un decreto richiesto al ministero delle imprese che dovrebbe indicare criteri e modalità per il riparto delle risorse del fondo istituito per la ricerca e sviluppo di tecnologie innovative. In questo caso le risorse bloccate ammontano a 1,2 miliardi.
Le norme attualmente in vigore prevedono che il bilancio di previsione dello stato abbia un arco di programmazione triennale che poi viene aggiornato ogni anno. Per questo motivo le informazioni legate all’impatto economico dei decreti attuativi sono impostate anch’esse su base massimo triennale. Non necessariamente però tutti gli importi stanziati hanno questa impostazione: possono anche prevedere finanziamenti annuali o biennali. Chiaramente poi l’arco temporale di riferimento varia in base all’anno di approvazione della norma. Per permettere un confronto omogeneo si è quindi scelto di sommare le cifre stanziate per le diverse annualità.
Il ministero dell’economia e delle finanze invece avrebbe dovuto provvedere al riparto di oltre 1 miliardo di euro tra gli enti locali a seguito dei risparmi connessi alla riorganizzazione dei servizi anche attraverso la digitalizzazione e il potenziamento del lavoro agile. In questi ultimi due casi i decreti attuativi richiesti avrebbero dovuto già essere pubblicati, rispettivamente entro l’1 aprile e il 31 maggio.
Ci sono poi altri decreti attuativi non ancora pubblicati che bloccano l’erogazione di 1 miliardo di euro. Il primo è di competenza del Mef è prevede la ripartizione di un emolumento accessorio per il solo 2023 in favore del personale statale. L’altro invece riguarda il ministero dell’ambiente e prevede la definizione dei criteri per l’assegnazione del contributo in quota fissa in caso di prezzi del gas elevati. Entrambi i decreti non hanno una data di scadenza fissata.
Le norme più critiche
Finora ci siamo focalizzati sulle norme che stanziano risorse ma le leggi che richiedono decreti attuativi per non rimanere lettera morta sono molte di più. Infatti le misure che alla data del 22 giugno richiedevano almeno un decreto attuativo ancora da pubblicare erano 112. La misura con il maggior numero di atti mancanti è la legge di bilancio per il 2023 (75). Seguono il decreto legge che rivede la governance del piano nazionale di ripresa e resilienza (26) e la legge di bilancio per il 2022 (18).
Da notare che ci sono ancora decreti attuativi da pubblicare legati a norme che risalgono ormai molto indietro nel tempo. È il caso ad esempio della legge di bilancio per il 2021 (8 attuazioni mancanti), del decreto sostegni bis e del decreto agosto (7).
A tal proposito è interessante notare che sia l’esecutivo guidato da Mario Draghi che quello di Giorgia Meloni hanno raccomandato un ricorso parsimonioso ai decreti attuativi auspicando al contrario la predisposizione di norme autoapplicative.
La legge di Bilancio 2023 adottata dall’attuale Governo presenta un numero di provvedimenti comunque inferiore alla media sopra riportata, aspetto che sembra confermare l’impegno del Governo a rendere quanto più possibile autoapplicative le disposizioni legislative emanate e comunque a non eccedere nel rinvio a provvedimenti attuativi.
Alla luce di queste osservazioni ci si potrebbe aspettare che siano principalmente le disposizioni introdotte dal parlamento (magari attraverso l’approvazione di emendamenti) a rinviare più facilmente ai decreti attuativi. D’altronde deputati e senatori non hanno la specializzazione dei tecnici ministeriali e parrebbe quindi logico lasciare agli addetti ai lavori il compito di individuare le modalità più adatte per l’implementazione delle norme.
Osservando i dati però ci rendiamo conto che non è così. Dei 2.036 decreti attuativi richiesti in totale infatti solo 479 provengono da norme introdotte dal parlamento. Tra questi 103 ancora mancano all’appello. Il resto invece (1.557 attuazioni) sono da attribuire a misure introdotte dai vari esecutivi che si sono succeduti negli ultimi anni. E tra questi sono 380 quelli ancora da adottare.
Alcune criticità
Sebbene i dati messi a disposizione dall’ufficio per il programma di governo siano preziosi ai fini del monitoraggio sullo stato dei decreti attuativi vanno comunque evidenziati alcuni elementi di criticità.
In primo luogo il database consultabile contiene i dati relativi solamente alle ultime 2 legislature. L’unica fonte che può consentire di avere informazioni sullo stato degli atti relativi a leggi più vecchie sono le relazioni pubblicate periodicamente dal governo. L’ultimo documento di questo tipo risale allo scorso 30 marzo e parla di 44 decreti attuativi ancora da pubblicare. Purtroppo però non sono stati rilasciati aggiornamenti su questo punto negli ultimi mesi.
In secondo luogo il database non sembra contenere proprio tutti i decreti attuativi richiesti dalle norme. Solo per fare alcuni esempi, il decreto legge 13/2023 relativo alla revisione della governance del Pnrr prevedeva la riorganizzazione delle unità di missione per il Pnrr istituite presso la presidenza del consiglio, dell’osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità e del Nucleo Pnrr stato-regioni. Dato l’ampio numero di strutture coinvolte e la loro natura composita appare difficile che la riorganizzazione possa avvenire attraverso un singolo decreto attuativo come sembrerebbe dai dati dell’Upg. Questa lacuna può essere dovuta anche a difficoltà di carattere tecnico: non è possibile sapere in anticipo quanti atti saranno utilizzati in casi come questo.
Tuttavia ci sono anche delle situazioni in cui le stesse strutture governative sembrano contraddirsi. In base ai dati dell’Upg infatti la legge 99/2022 che riforma il sistema degli istituti tecnici superiori (Its) non richiede decreti attuativi per la sua messa in pratica. Però in base alla terza relazione del governo sullo stato di attuazione del Pnrr (stiamo parlando infatti di una delle riforme previste dal piano) ne sono richiesti almeno 3 ma potrebbero essere molti di più.
La conferenza stato-regioni ha già sancito l’intesa sui primi 3 decreti attuativi della riforma.
È alla luce di tutte queste criticità che occorre mantenere alta l’attenzione su questo tema. In modo che venga smaltito il carico di attuazioni arretrate ma anche che le informazioni disponibili siano sempre più precise e affidabili.
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Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa