Si stima che tra il 2023 e il 2027, oltre due milioni e mezzo di persone smetteranno di lavorare. L’Ufficio studi della Cgia ha esaminato l’effetto che questi pensionamenti avranno nei prossimi anni. “I principali settori del nostro made in Italy rischiano di non poter più contare su una quota importante di maestranze di qualità e di elevata esperienza”, si afferma.

Tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano richiederà 3.8 milioni di addetti, 2.7 milioni dei quali in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione. La stima è dell’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal.

I pensionamenti per settori

In base all’indagine svolta, ad andare in pensione saranno soprattutto dipendenti privati (1.4 milioni). Tuttavia, se si calcola l’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale in ciascuna delle tre posizioni professionali analizzate (dipendenti privati, dipendenti pubblici e indipendenti), emerge che sarà il pubblico impiego quello più interessato da questo cambiamento.

Guardando invece ai settori, l’esodo degli occupati verso la pensione in termini assoluti impatterà soprattutto quello della salute (331.500 addetti), delle attività immobiliari, del noleggio/leasing, della vigilanza/investigazione, e degli altri servizi pubblici e privati. Se, anche in questo caso, si misura l’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale, i settori che entro i prossimi 5 anni si troveranno maggiormente in “difficoltà” saranno la moda (91,9 per cento), l’agroalimentare (93,4 per cento) e il legnoarredo (93,5 per cento). “I principali settori del nostro made in Italy rischiano di non poter più contare su una quota importante di maestranze di qualità e di elevata esperienza”, si afferma.

Le differenze regionali

La Cgia ha anche studiato le conseguenze di questo cambiamento a livello regionale. Secondo quanto si apprende, nel prossimo quinquennio l’incidenza percentuale della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale totale interesserà, in particolare, il Veneto (73,4 per cento), il Molise (78,5 per cento), il Piemonte/Valle d’Aosta (82 per cento), l’Abruzzo (82,5 per cento) e la Liguria (85,5 per cento).

Fonte Agi

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