Nel 2022 sono state aperte più di 500mila partite Iva, di cui quasi la metà da giovani under 35. Ecco una guida per capire come aprirne una e qual è la scelta più vantaggiosa tra il regime fiscale forfettario e quello ordinario.
In Italia i lavoratori autonomi sono molto più diffusi rispetto ad altri Paesi europei: secondo le stime dell’istituto Organisation for Economic Co-operation and Development, rappresentano il 21,8% del totale, con un’incidenza molto più alta rispetto alla media Ue del 14,5%. Come si legge nell’Osservatorio sulle partite Iva redatto dal ministero delle Finanze, inoltre, nel 2022 “sono state aperte circa 501.500 nuove partite Iva“.
Dal documento emerge che quasi la metà (49,6%) delle nuove partite Iva è stata avviata da giovani under 35 e che la maggior parte è stata aperta da persone fisiche (70%), seguita da società di capitali (22,3%) e da società di persone (3,3%). Ecco una guida per capire come aprire una partita Iva e come funziona la sua gestione.
Cos’è la partita Iva
La partita Iva è un codice di 11 cifre che identifica in modo univoco società o lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e professionisti freelance. Rispetto al dipendente, il lavoratore autonomo gode di una maggiore libertà ma, al tempo stesso, deve fare i conti con una possibile discontinuità nelle entrate. Per questo motivo, i titolari di partita Iva devono essere in grado di programmare con chiarezza non solo le entrate e le uscite, ma anche tutte le altre spese fisse, come ad esempio i costi di gestione e quelli per rinnovare gli strumenti di lavoro.
Come aprire una partita IVA
L’apertura della Partita Iva è gratuita. Il primo passo da fare è comunicare l’inizio della propria attività all’Agenzia delle Entrate entro trenta giorni dall’avvio. Per farlo basta compilare il modello AA9/12, per liberi professionisti, oil modello AA7/10 dedicato alle imprese individuali. Entrambi i moduli si possono scaricare a questo link.
Il modulo può essere presentato in tre modi:
Andando fisicamente in un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate. In questo caso l’utente o la persona delegata deve presentare una duplice copia del modello.
Mandando una raccomandata a qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Per questa modalità basta presentare un’unica copia, a cui il dichiarante deve accompagnare la fotocopia di un documento di identificazione. La data di spedizione coincide con la data di presentazione della richiesta.
Mandando online la documentazione richiesta. Con la trasmissione telematica, le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui viene conclusa la ricezione dei dati da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Per completare l’apertura della partita Iva è inoltre necessario:
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Specificare il proprio codice ATECO, una sequenza di sei cifre che identifica l’attività svolta.
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Indicare se la propria attività prevalente è intellettuale (in questo caso si apre una partita Iva come liberi professionisti) o commerciale (in questo caso si apre una ditta individuale).
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Individuare la cassa previdenziale di riferimento a cui versare i propri contributi. Per quest’ultimo punto si aprono diversi scenari: se esiste una cassa previdenziale specifica per la propria attività, bisogna iscriversi a quella; se non esiste, è necessario iscriversi alla gestione separata INPS; infine, se si svolge un’attività commerciale o artigianale, si deve scegliere la gestione INPS per artigiani e commercianti.
Oltre a questi vincoli, bisogna ricordare che il titolare di partita Iva è tenuto a presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi (anche se non fattura) e deve tenere la contabilità (autonomamente o affidandosi a un commercialista).
Regime fiscale forfettario o ordinario?
Poco meno della metà (47,7%) di chi ha avviato una partita Iva lo scorso anno ha scelto il regime forfettario. Una decisione sicuramente influenzata dall’ultima legge di Bilancio del governo Meloni, che ha esteso la cosiddetta ‘flat tax’ (tassa piatta) al 15% a tutte le partite Iva individuali con ricavi fino a 85mila euro all’anno.
Quello forfettario è un regime fiscale agevolato pensato per favorire le nuove attività e quelle con introiti ridotti, con la tassazione agevolata che può scendere dal 15 al 5% per i primi cinque anni di una nuova attività. Non è previsto inoltre l’obbligo di pagare l’Iva, ma al tempo stesso questo tipo di regime non consente di scaricare i costi.
Al contrario, scegliendo il regime ordinario, il lavoratore autonomo ha l’obbligo di pagare Iva e Irpef, cioè un’imposta progressiva che va da un’aliquota minima del 23 a una massima del 43%, a cui bisogna aggiungere le addizionali regionali e comunali che cambiano a seconda del domicilio fiscale del lavoratore. Il vantaggio, però, è la possibilità di sfruttare le detrazioni per l’esercizio della propria attività e di detrarre tutti gli oneri relativi all’ambito familiare (dalle spese sanitarie agli interessi sui mutui). In sintesi, per i lavoratori che detraggono molte spese, la scelta più conveniente è quella del regime ordinario.