Isab di Priolo Gargallo, Ita Airways, Telecom Italia e poi due ex: Ilva e Gkn. Sono queste le più incerte e importanti (per diversi modi) partite aziendali che ci accompagneranno nel 2023.

Quasi 64mila lavoratori. Una città come Massa. Questo il numero dei dipendenti che non conoscono ancora il destino del loro datore di lavoro. Da una grande società come Tim, in balia dei cambi di governo, all’ex Ilva di Taranto. Passando per le incertezze su Ita Airways: nata per essere venduta ma (ancora) senza un compratore.

Priolo, 10mila posti di lavoro salvi, per ora

Costretta da febbraio a raffinare solo petrolio russo, la Isab di Priolo Gargallo sembrava in grossa difficoltà dopo l’embargo europeo al greggio proveniente da Mosca e trasportato via nave. Il Consiglio dei ministri ha introdotto anche un’amministrazione temporanea da applicare all’impianto controllato indirettamente dalla russa Lukoil. In questo modo, la raffineria dovrebbe potersi rifornire in caso di emergenza: “Il modo migliore per non dover utilizzare questa assicurazione è averla“, spiega ad upday Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni. Le banche non sembravano infatti disposte a garantire per un impianto controllato da una società russa, temendo di finire nel vortice delle sanzioni. La misura del governo scadrà tra un anno, proroga di 12 mesi a parte.

Il direttore generale dell’impianto Eugene Maniakhine ha però detto a dicembre al Sole 24 Ore che c’erano riserve di petrolio “sufficienti per mantenere la raffineria in funzione per diversi mesi“. Un sollievo per i 10mila lavoratori di tutta l’area industriale, poco più di mille solo nella Isab. Nel frattempo, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha detto a Reuters che ci sono fino a dieci compratori interessati alla raffineria.

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Ita Airways, la nuova Alitalia

È stata rilanciata in cielo per essere venduta. Ma dopo due anni non si è ancora trovato chi la comprerà. Questo il destino del successore di Alitalia, Ita Airways. È stata oggetto dei desideri di due contendenti: il fondo americano Certares (appoggiato da Delta Air Lines e Air France) e l’alleanza tra Lufthansa e Mediterranean Shipping Company (Msc), fondata dal napoletano Gianluigi Aponte. Dopo che il ministero dell’Economia aveva scelto la prima cordata a fine agosto, il nuovo ministro Giorgetti ha riaperto la gara alla seconda. Ma Msc è si è tirata indietro. Nel frattempo, Ita ha perso parte del suo valore: secondo il Corriere della sera si è più che dimezzato. Ora, in pole position c’è Lufthansa. Ma per i 3.600 lavoratori della società non è stata ancora detta l’ultima parola.

Tim, l’enigma delle connessioni

Tim ha due grossi problemi: il debito che al 30 settembre superava i 25 miliardi di euro e il fatto di gestire sia un’infrastruttura di rete che una compagnia di servizi telefonici (concorrente anche delle low cost). Smembrare queste due parti era l’obiettivo dell’amministratore delegato Pietro Labriola. Come? Vendendo l’infrastruttura a Open Fiber: una mossa che avrebbe ridotto il debito e alleggerito il monte stipendi (Tim conta oltre 42.000 dipendenti in Italia, 9.600 in Brasile). Questa era la strategia dietro la cosiddetta “rete unica”. Ma lo Stato ha azioni sia di Tim (quasi il 10%) che di Open Fiber, controllata al 60% da Cassa depositi e prestiti. Con il governo Meloni, sono cambiate le priorità. E il futuro è tornato a essere un enigma.

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Ex Ilva al bivio

Il futuro dell’impianto con 8.000 dipendenti passa dal tavolo convocato giovedì 19 gennaio al ministero delle Imprese e del Made in Italy. Nel frattempo, il governo ha iniettato nell’acciaieria 680 milioni di euro. Secondo quanto ha scritto Il Sole 24 Ore, le risorse potrebbero essere utilizzate in un aumento di capitale, già quest’anno. Al momento, la multinazionale ArcelorMittal ha il 68% di Acciaierie d’Italia, il resto è in mano allo Stato. Con l’iniezione di liquidità, la quota pubblica dovrebbe salire al 60% lasciando la società con sede a Lussemburgo in minoranza. La norma non ha soddisfatto Cgil, Uil e Unione sindacale di base che hanno indetto uno sciopero sempre per il 19 gennaio. Il governo ha cercato di tutelare la continuità operativa di Ilva e di altre aziende, con una norma che vuole limitare i sequestri da parte della magistratura. A meno che non ci sia “un concreto pericolo per la salute o l’incolumità pubblica”.

I trecento della ex Gkn

Trecento lavoratori continuano a presidiare la ex Gkn di Campi Bisenzio, 20 chilometri dal centro di Firenze, specializzata in componenti meccaniche per auto. Nonostante l’acquisto della fabbrica da parte dell’imprenditore Francesco Borgomeo famoso per le riconversioni industriali – il rilancio non è riuscito. Borgomeo sostiene che lo stabilimento è “occupato abusivamente e gestito illegalmente”. I dipendenti in lotta hanno invece attaccato il suo piano industriale.

Per comprendere il contesto intorno a questa vicenda, va tenuto presente che il settore dell’automotive – che occupa circa 300mila persone in Italia – si sta convertendo all’elettrico, a causa della spinta dell’Unione europea. Le mosse pubbliche contro il cambiamento climatico sfidano però le imprese del settore. “L’elettrificazione è una tecnologia scelta dai politici, non dall’industria”, ha detto in una celebre intervista l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares. Aggiungendo: “C’erano modi più economici e veloci di ridurre le emissioni. Il metodo prescelto non permette ai costruttori di auto di essere creativi per trovare idee diverse”.

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