Una popolazione in continuo calo e sempre più vecchia. È questo il quadro presentato dall’ultimo Censimento permanente pubblicato dall’Istat, giunto alla sua quarta edizione. L’Istituto nazionale di statistica ha reso noti i dati relativi al 2021: ecco cosa è emerso.
Non si ferma il crollo demografico che l’Italia non riesce a invertire. Secondo il Censimento permanente promosso dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), giunto alla sua quarta edizione, nel 2021 i residenti nel nostro Paese sono stati 59.030.133 residenti: dato che segna un -0,3% rispetto al 2020 (-206.080 individui).
La popolazione continua a diminuire e l’Italia è anche un Paese sempre più vecchio. L’età media si è innalzata di tre anni rispetto al 2011 (da 43 a 46 anni). A livello regionale, la Campania continua a essere la più giovane (età media di 43,6 anni), mentre la Liguria si conferma quella più anziana (49,4, anni). L’invecchiamento della popolazione italiana è ancora più evidente se confrontato con i censimenti passati: nel 2021 per ogni bambino sono stati contati 5,4 anziani contro meno di un anziano per ogni bambino del 1951 (3,8 nel 2011). L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato e continua a crescere, da 33,5% del 1951 a 187,6% del 2021 (148,7% nel 2001).
Minimo storico di nuovi nati dall’Unità d’Italia
I nati nel 2021 nel nostro Paese sono stati appena 400.249, in diminuzione dell’1,1% rispetto al 2020 e quasi del 31% nel confronto con il 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. Per l’Istat, si tratta del nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia. Il nuovo record minimo delle nascite (400mila) e l’elevato numero di decessi (701mila) aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese nell’ultimo decennio. Il saldo naturale, pari a meno 301mila unità nel 2021; sommato alle meno 335mila già rilevate nel 2020 determina in due anni di pandemia un deficit di “sostituzione naturale” di 637mila persone.
Il saldo naturale è negativo in tutte le Regioni, con l’eccezione della Provincia autonoma di Bolzano (+193 unità) che si caratterizza per una natalità più alta della media. Il tasso di crescita naturale, pari a -5,1 per mille a livello nazionale, varia dal +0,4 per mille di Bolzano al -9,3 per mille della Liguria. Le regioni che più delle altre vedono peggiorare il tasso naturale sono il Molise (da -7,9 per mille a-9,0) e la Calabria (da -3,8 per mille a -5,1). La Lombardia (da -6,6 per mille a -3,9) e la Provincia autonoma di Trento (da -4,6 per mille a-2,2) registrano invece i recuperi più elevati rispetto al 2020.
L’andamento delle nascite nel corso del 2021 consente di avere un quadro più dettagliato delle conseguenze dell’epidemia dal punto di vista demografico, visto che il calo osservato nel 2020 (-3,6% rispetto al 2019) è stato solo in parte dovuto a tali effetti. I primi effetti sulle nascite riferibili ai concepimenti di marzo e aprile 2020 (primo lockdown), osservabili a partire dagli ultimi due mesi dell’anno, soprattutto a dicembre 2020 (-10,7%), si sono riscontrati anche nei primi due mesi del 2021. Il deficit di nati a gennaio 2021 (-13,2%), tra i più ampi mai registrati, lascia pochi dubbi sul ruolo svolto dall’epidemia. Il crollo delle nascite tra dicembre 2020 e febbraio 2021, da riferirsi ai mancati concepimenti durante la prima ondata pandemica, è sintomo della posticipazione dei piani di genitorialità che si è protratta in modo più marcato nei primi sette mesi, per poi rallentare verso la fine dell’anno.
La popolazione straniera in Italia
Ma se la popolazione censita in Italia è di poco più di 59 milioni di residenti, l’8,5% (5.030.716 persone, di cui il 50,9% donne) è di origine straniera. Rispetto al 2020 si contano 141mila stranieri in meno (di cui circa 41mila da imputare al saldo naturale e migratorio negativo e ad altre circa 100mila unità non censite nel 2021). L’età media degli stranieri, pari a 35,7 anni nel 2021 (37,4 anni per le donne e 33,8 per gli uomini), è cresciuta di quasi un anno rispetto al 2020 e di quasi 4,8 anni nell’arco di un ventennio, a fronte di +5,6 anni per gli italiani. Si è invece affievolito il peso relativo dei minori, che rappresentano il 20,8% della popolazione straniera censita dal 21,3% del 2001, contro il 15,1% di minori italiani (17,2% nel 2001).
Quasi la metà degli stranieri censiti in Italia nel 2021 proviene dall’Europa (47,7%), il 22,6% dall’Africa, una percentuale di poco inferiore dall’Asia e il 7,3% dall’America. L’Unione europea è l’area maggiormente rappresentata (27,6%), seguono l’Europa centro orientale (19,3%), l’Africa del nord (13,6%) e l’Asia centro meridionale (11,6%). Sono 195 i Paesi rappresentati dal contingente straniero censito e i primi dieci totalizzano il 63,7% della presenza straniera in Italia. Nella graduatoria del 2021, rispetto all’anno precedente, il Marocco sale al secondo posto a svantaggio dell’Albania mentre il Bangladesh scambia la propria posizione con quella delle Filippine. La Romania guadagna peso relativo a sfavore di Cina e Ucraina.
Nel suo complesso la popolazione straniera censita diminuisce del 2,7% rispetto all’anno precedente. Il calo interessa tutte le collettività ma è più accentuato per quella cinese che perde il 9,2% del suo contingente (-30mila unità circa che vanno a controbilanciare le 41mila unità cinesi in sotto copertura nel 2020). Le uniche eccezioni sono quelle di Romania, Egitto e Bangladesh che invece guadagnano unità. A fronte di un rapporto di mascolinità sostanzialmente equilibrato, si conferma una presenza femminile preponderante per l’Ucraina (77,8% di donne) e in misura minore per le collettività rumena e filippina (60% di donne). Fortemente maschili sono le comunità di Pakistan (72% di uomini), Bangladesh (71,3% di uomini), Egitto (66%) e India (quasi il 60%).
Più donne che uomini
Anche nel 2021 si conferma la leggera prevalenza delle donne che, superando gli uomini di 1.392.221 unità, rappresentano il 51,2% della popolazione residente. Il rapporto di mascolinità è quindi pari a 95,4 uomini ogni 100 donne. Come nel 2020, il rapporto di mascolinità più alto si registra in Trentino-Alto Adige (97,7), quello più basso in Liguria (92,6), che è anche la regione con il più alto indice di vecchiaia (267,2). Se in generale il rapporto di mascolinità è inferiore a 100, risulta invece sbilanciato a favore degli uomini in circa un terzo dei comuni (contro il 23,5% del 2011).
La situazione demografica dei Comuni
Su 7.904 Comuni, solo 2.850 hanno registrato un incremento di popolazione sull’anno precedente, dove risiedono circa 17 milioni 600mila persone, il 29,9% della popolazione nel 2021. Rispetto al 2020 diminuisce la percentuale di Comuni che perdono popolazione (il 61,8% del totale contro il 73,6% del 2020).
Il decremento di popolazione non riguarda in egual misura tutte le classi comunali di ampiezza demografica. Le percentuali più basse di Comuni con popolazione in calo si registrano nella classe 5-20mila abitanti (57,3%) e in quella fino a 5mila abitanti (62,7%), che insieme rappresentano ben il 70% dei Comuni italiani. Al contrario, tra i 44 Comuni con oltre 100mila abitanti solo 5 guadagnano popolazione (erano 11 tra il 2019 e il 2020) mentre per i restanti 39 il saldo è negativo rispetto al Censimento 20203, per un totale di -115.813 residenti. Come nel 2020, anche nel 2021 Roma è il comune più grande con 2.749.031 residenti, e Morterone (in provincia di Lecco) quello più piccolo (con appena 31 abitanti).
Fonte Agi