In occasione del World savings day, che si celebra il 31 ottobre, gli esperti di Babbel, hanno individuato colloquialismi e delle espressioni idiomatiche più famose che riguardano i soldi. Con l’intento di favorire la comprensione reciproca ed evitare l’insorgere di fraintendimenti.

Sebbene le questioni finanziarie riguardino tutti e tutte, non sempre è facile discuterne. I tabù che emergono quando si tratta di soldi, sia in Italia che altrove, sono numerosi e altrettanti sono gli eufemismi e le espressioni gergali.

In occasione del World savings day, che si celebra ogni 31 ottobre, gli esperti di Babbel, azienda per l’apprendimento delle lingue che offre lezioni su app e live, hanno individuato alcuni dei colloquialismi e delle espressioni idiomatiche che si sentono ripetere più di frequente in giro per il mondo quando si parla di soldi.

“È molto facile incappare in qualche malinteso quando si parla di soldi, specialmente in una lingua diversa dalla nostra, non solo perché si tratta di un argomento delicato e addirittura tabù in molte società, ma anche perché esistono numerosi termini specifici, anche slang, che possono rendere difficile la comunicazione”, ha commentato Gianluca Pedrotti, principal learning content editor di Babbel a proposito del glossario elaborato dagli esperti di Babbel.

Dove è meglio non parlare di soldi

Descrivere lo status finanziario proprio o altrui negli Stati Uniti è considerato scortese, ed è quasi offensivo chiedere ai propri amici quanto guadagnano. In Danimarca è invece vietato a chi è benestante di vantarsene in pubblico. Anche in Italia ‘fare i conti in tasca‘ a qualcun altro non è certo ben visto.

L’ostentare la propria ricchezza è comune anche nel linguaggio trapper italiano. Uno degli anglicismi più noti è quello di flexare che deriva dal verbo inglese “to flex“, letteralmente “flettere”. Tale termine, usato in origine per descrivere il gesto di flettere i muscoli, è divenuto metafora comune dell’ostentazione della propria ricchezza (anche in inglese).

Chi porta a casa il pane e dove

Se vi capita di sentire la parola “breadwinner”, in Inghilterra sappiate che si sta parlando della persona da cui dipende maggiormente il reddito della famiglia, un’espressione simile a quella che da noi è “portare a casa il pane”. In Germania, invece, si dice che possiede “carbone”, “Kohle”, chi si trova in una situazione finanziaria favorevole; l’espressione trova la sua origine nel XIX secolo, quando il carbone divenne un elemento essenziale dell’economia tedesca.

Essere al verde, in rosso o al cane

Nei paesi germanofoni si dice che “è giunto al cane” (“Auf den Hund kommen“) chi è rimasto privo di denaro o chi, in generale, sta attraversando un periodo particolarmente difficile. L’origine di questa espressione potrebbe ricollegarsi alla presenza, in fondo ad alcuni bauli di manifattura tedesca usati un tempo per il trasporto e la conservazione di beni alimentari, di un’incisione rappresentante un cane: chi finiva le scorte, ‘giungeva al cane’.

In Italia il corrispettivo è “essere al verde” che, secondo alcuni lessicologi, affonderebbe le sue radici nell’antica usanza medievale di fare indossare a chi andava in bancarotta un berretto di colore verde, come segno di pubblico scherno, mentre altri sostengono derivi dalla sala verde di un noto caffè padovano, dove ci si poteva accomodare senza consumare.

In Francia quando non si hanno soldi si preferisce il rosso. “Être dans le rouge“, letteralmente ‘essere nel rosso’, sarebbe connesso alla consuetudine di segnare con questo colore i numeri negativi negli antichi libretti di conti e nei vecchi registratori di cassa.

Due detti si riferiscono invece a chi è uno spendaccione. Quello italiano, “avere le mani bucate” indica chi spende in maniera incontrollata e sregolata, come se, appunto, non fosse in grado di trattenere le monete, avendo dei fori incisi nelle mani. In Spagna la stessa espressione è “Gastar dinero como si fuera agua” ovvero, ‘spende il denaro come se fosse acqua’.

Come vengono chiamati i soldi nel mondo

Anche monete, banconote e somme di denaro hanno i propri nomignoli. “Deca” nel gergo giovanile degli anni ‘90 indicava la banconota da diecimila lire. “Carta” era usato per descrivere quella da mille, mentre con “Testóne” si designava scherzosamente la cifra di un milione di lire. Con l’introduzione dell’euro molti di questi lessemi sono caduti in disuso, anche se alcuni, come il romanesco “Piotta” hanno superato la prova del tempo, subendo un processo di risemantizzazione (da centomila lire a cento euro).

In Svezia con la parola “Lax”, ovvero salmone, viene chiamata la banconota da 1000 corone, a causa del suo caratteristico colore aranciato. In Messico “Diego”, “Giovanna” e “Michelino” sono rispettivamente la moneta da 10 e i biglietti da 200 e 1000 pesos. In Argentina, invece, quest’ultimo viene chiamato “Luca”.

Nei tradizionali pub inglesi può capitare di sentire nominare i cosiddetti “blue beer tokens” e “brown beer tokens“, letteralmente ‘gettoni da birra blu’ e ‘gettoni da birra marroni’. Si tratta della banconota da cinque e da dieci pounds, rispettivamente di colore blu e marrone.

Come si paga un pranzo in compagnia

Gli esperti di Babbel hanno raccolto alcuni termini da conoscere per salvaguardare l’armonia a tavola. L’opposto del nostro “fare alla romana”, in inglese è “going Dutch”, ovvero “fare l’olandese” (ognuno paga per quello che ha consumato). Secondo l’Oxford English Dictionary, tale espressione, usata in maniera dispregiativa, affonderebbe le sue radici nella rivalità e nell’inimicizia tra inglesi e olandesi nel XVII secolo, durante il periodo delle guerre anglo-olandesi. “Ley de Esparta, cada quien paga lo que se harta”: ai salvadoregni sta a cuore la giurisprudenza spartana (‘“legge di Sparta, ognuno paga per ciò che mangia”)

In Egitto, dove la divisione del conto è considerato un gesto profondamente maleducato, sono gli inglesi ad essere chiamati in causa con l’espressione ‘Englizy’. Mentre in Catalogna, la suddivisione in parti commisurate al consumo individuale è una pratica considerata del tutto normale e si dice ‘pagare alla catalana’. In Turchia il corrispettivo è Hesabı Alman usulü ödemek, tradotta con ‘pagare il conto alla tedesca’.

In alcuni paesi asiatici, invece, la consuetudine di pagare ognuno per sé è talmente diffusa da essersi guadagnata degli acronimi, come nelle Filippine (KKB) o in Indonesia (BSS), entrambe abbreviazioni di frasi traducibili come ‘paga per te stesso’.

In Messico e Chile i commensali versano, in anticipo, la propria quota in una cassa comune, alla quale si attinge nel momento del saldo del conto. Si dice ‘Hacer una vaca‘, ovvero ‘fare una mucca’. L’espressione deriverebbe dai periodi di transumanza, quando i contadini portavano il bestiame del padrone al pascolo in alta quota, spesso vi rimanevano per molto tempo e si trovavano costretti a sacrificare una mucca per potersi nutrire. Al ritorno, però, i pastori mettevano insieme i soldi per risarcire il padrone e permettergli di comprare un’altra mucca.

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