Arriva la sentenza di primo grado per i quattro imputati del processo per l’omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte, ucciso a calci e pugni la notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 a Colleferro, nel Romano. Dopo quasi due anni dalla notte dell’omicidio, i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli sono stati condannati: i primi due all’ergastolo, gli agli altri rispettivamente a 23 e 21 anni di reclusione.

Per Marco e Gabriele Bianchi la pena è l’ergastolo, 23 anni di reclusione invece per Francesco Belleggia e 21 per Mario Pincarelli. Così ha deciso la Corte d’Assise di Frosinone dove è stata pronunciata la sentenza di condanna per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte. Urla tra gli imputati nel gabbiotto dell’aula, una volta portati via dagli agenti della Polizia Penitenziaria. Applausi e lacrime, al contrario, tra i familiari e gli amici della vittima. 

Chi era Willy Monteiro Duarte

Chiunque sia stato chiamato a raccontare chi fosse Willy Monteiro Duarte, ha sempre descritto il 21enne di Paliano – provincia di Frosinone – come un bravo ragazzo, rispettoso e gran lavoratore, nel piccolo centro in cui abitava lo conoscevano tutti. Nato a Roma nel 1999 da genitori di origini capoverdiane, Willy aveva studiato a Fiuggi in un istituto alberghiero con il sogno di diventare chef e lavorava come aiuto cuoco in un hotel di Artena, altro piccolo comune della città metropolitana di Roma. Dopo la cucina, l’altra grande passione del 21enne era il calcio: tifoso giallorosso e grande fan di Francesco Totti, voleva diventare un giocatore della Roma. Un sogno che però aveva scelto di riporre nel cassetto per dedicarsi interamente alla carriera nel mondo della ristorazione.

I “futili motivi” e la dinamica dell’omicidio

Anche poche ore prima dell’omicidio, Willy era andato a lavorare. Poi, finito il turno a mezzanotte e mezza, era andato a prendere alcuni amici per trascorrere il resto della serata in un locale di Colleferro, il “Duedipicche“. Nello stesso locale si trovavano anche Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, due dei quattro imputati nel processo per la morte del ragazzo che avverrà di lì a poco. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, tra Pincarelli, Belleggia e altre persone sarebbe nata una discussione per “futili motivi“: il primo avrebbe infatti molestato una ragazza all’interno del locale, subito difesa dai suoi amici. Il diverbio, che sembrava essersi risolto, sarebbe proseguito invece all’esterno del locale, nello spiazzo antistante, piazza Oberdan. Sarebbe dunque scoppiata una rissa, in cui sarebbero intervenuti i fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, amici di Pincarelli e Belleggia. Entrambi esperti di MMA (Arti marziali miste) e karate, i due avrebbero iniziato a colpire alla cieca chiunque avessero a tiro.

Anche Willy in quel momento si trovava in piazza, notando che in mezzo alla rissa era coinvolto anche Federico, ex compagno di classe in difficoltà, non avrebbe esitato un attimo: si sarebbe avvicinato alla rissa e avrebbe tentato di allontanare l’amico, ma senza successo. Il pestaggio di Willy è durato soltanto venti secondi: in quel breve tempo è stato colpito da calci e pugni sferrati “con violenza inaudita“, secondo quanto hanno raccontato alcuni testimoni. Gabriele Bianchi e Mario Pincarelli avrebbero continuato a infierire su Willy anche mentre era riverso a terra. C’è chi dice anche di aver visto i due saltare sul suo corpo. Dall’autopsia emergerà che sono stati un calcio al torace e un colpo di karate alla giugulare a uccidere il 21enne: l’esame ha rivelato che il cuore del ragazzo non ha retto. I fratelli Bianchi, insieme agli altri loro amici, se ne sarebbero poi andati subito, salendo sulla loro auto e scappando via per essere ritrovati poco dopo dai carabinieri, grazie alle testimonianze raccolte in piazza, nel locale del terzo fratello della famiglia Bianchi, Alessandro, che dista pochi chilometri dalla scena.

Le reazioni dell’opinione pubblica e i quattro imputati a processo

Nei giorni successivi tutto il Paese si è stretto intorno alla famiglia di Willy e ai funerali tenutisi nel campo sportivo di Paliano si sono presentate anche persone che non conoscevano direttamente il ragazzo. Tra le migliaia di partecipanti anche Giuseppe Conte, al tempo presidente del Consiglio, che chiese in quell’occasione “condanne severe e certe“. In questi due anni, in memoria di Willy sono stati realizzati anche dei murales con il suo volto in luoghi differenti: su un muro a Paliano e a Pescara, sulla facciata di una palazzina a Colleferro.

A ottobre 2020 è stata conferita dal Presidente della repubblica Sergio Mattarella la medaglia d’oro al valor civile alla sua memoria, perché “con eccezionale slancio altruistico e straordinaria determinazione, dando prova di spiccata sensibilità e di attenzione ai bisogni del prossimo, interveniva in difesa di un amico in difficoltà, cercando di favorire la soluzione pacifica di un’accesa discussione. Mentre si prodigava in questa sua meritoria azione di alto valore civico, veniva colpito da alcuni soggetti sopraggiunti che cominciavano ad infierire ripetutamente nei suoi confronti con inaudita violenza e continuavano a percuoterlo anche quando cadeva a terra privo di sensi, fino a fargli perdere tragicamente la vita. Luminoso esempio, anche per le giovani generazioni, di generosità, altruismo, coraggio e non comune senso civico, spinti fino all’estremo sacrificio“.

Il processo

Il 10 giugno 2021 è iniziato il processo per l’omicidio di Willy. I comuni di Colleferro, Paliano e Artena si sono costituiti come parte civile per danni di immagine e alla sbarra sono stati chiamati tutti i testimoni: il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpo del 21enne, ragazzi e ragazze che la notte della morte del giovane hanno assistito al violento pestaggio, gli amici di Willy e anche chi ha messo fine alla sua vita. I quattro imputati, i Bianchi, Pincarelli e Belleggia, i primi tre detenuti in carcere da due anni, il quarto ai domiciliari, dalla notte in cui si svolsero i fatti non si sono mai assunti la responsabilità dell’omicidio del ragazzo, addossandosi la colpa a vicenda e tentando di depistare le indagini.

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