La pistola elettrica appena entrata nella dotazione alle forze dell’ordine è stata già impiegata a Roma. Serve a immobilizzare le persone senza sparare pallottole. A oggi è a disposizione solo per polizia e carabinieri, ma si sta lavorando per darle anche a polizia penitenziaria e locale. L’Onu però sconsiglia questo dispositivo, associandolo a pratiche di tortura. Nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti ci sono stati molti problemi, tra cui un migliaio di morti sospette.
Lunedì notte a Roma la polizia ha impiegato la pistola elettrica detta taser contro un uomo di 53 anni. È successo nel quartiere periferico di Tor Bella Monaca, dove gli agenti si erano recati per portare in carcere sia l’uomo che la sua convivente, entrambi costretti all’obbligo di dimora fino a quel momento. La donna si è consegnata senza opporre resistenza, mentre il 53enne ha afferrato un lungo coltello da cucina e ha iniziato a ferirsi in diversi punti del corpo. Un agente ha quindi estratto il taser e lo ha puntato contro l’uomo, il quale ha però minacciato i poliziotti con lo stesso coltello da cucina. A quel punto è entrato in funzione il taser.
La pistola elettrica è stata data in dotazione alla polizia e ai carabinieri di tutta Italia proprio lunedì, e il 53enne romano risulta essere la prima persona ad averne subito le conseguenze dopo l’introduzione. È stato poi portato in ospedale per curare le ferite che si era procurato da solo.
Che cos’è il taser
Il taser è un’arma non letale che utilizza la corrente elettrica per stordire le persone. Dopo un avviso sonoro con funzione preventiva, la pistola può sparare due dardi sui quali sono posti degli elettrodi. Dei fili elettrici collegano i dardi alla pistola. In questo modo sul corpo della persona colpita viene rilasciata una scarica elettrica ad alta tensione e bassa intensità: i muscoli si contraggono e il movimento diventa impossibile.
La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese aveva annunciato nei giorni precedenti la fornitura delle nuove armi, definita “un passo importante per ridurre i rischi per l’incolumità del personale impegnato nelle attività di prevenzione e controllo del territorio”. Le città italiane interessate sono diverse: tra queste Milano, Bologna, Firenze, Reggio Calabria e, ovviamente, Roma.
L’introduzione è avvenuta dopo un periodo di sperimentazione e di formazione degli agenti iniziato già nel 2018, quando il ministro dell’Interno era Matteo Salvini. Dal Viminale hanno fatto sapere che i taser forniti alle forze dell’ordine sono 4482.
I problemi nella sperimentazione
La lunga sperimentazione avviata nel 2018 si è conclusa solo nel 2020 con un grosso problema. Il ministero dell’Interno rilasciò infatti una circolare nella quale si informava del fatto che le 32 pistole elettriche usate fino a quel momento non avevano passato il test delle prove balistiche. L’imprecisione – legata al fatto che in più occasioni si erano staccati i fili che collegano i dardi al dispositivo – poteva generare pericoli per i passanti e per gli stessi agenti.
A seguito di ciò, il Ministero ordinava il ritiro immediato dei taser. L’azienda produttrice tuttavia si oppose, affermando che gli stessi test all’inizio della sperimentazione avevano dato esito positivo e che dunque occorreva ripeterli nuovamente.
Superate le criticità tecniche, ora l’Italia ha dunque deciso di dare l’ok definitivo. Il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni ha anche affermato che bisognerà lavorare “per introdurre il taser tra gli operatori della polizia penitenziaria e per gli agenti della polizia locale”, come peraltro già previsto dal primo decreto sicurezza firmato nel 2018 da Matteo Salvini.
Le criticità
Secondo Vincenzo Nicolì, responsabile del servizio controllo del territorio della polizia, ”le sperimentazioni hanno dimostrato una grande capacità di deterrenza del taser” che risulta utile soprattutto nei casi in crescita di liti violente.
I Paesi in cui si utilizza oggi nel mondo sono più di cento. Il suo successo è legato al fatto di esser considerata un’arma meno letale della pistola. Tuttavia non mancano le criticità. Negli Stati Uniti ad esempio – dove il taser è in dotazione alle forze dell’ordine già da una ventina d’anni – le persone morte per motivi direttamente o indirettamente correlati all’arma sono circa mille, abbastanza da aver portato l’azienda produttrice a cambiare nome. Nel 90% dei casi il taser è stato poi impiegato su persone disarmate.
In Europa è invece famoso il caso olandese. Nel 2017 circa la metà dei casi d’impiego del taser fu riservato a persone non pericolose perché già ammanettate o che si trovavano all’interno di un veicolo.
Il modello di taser che il Viminale ha adottato in Italia si chiama X2 ed è prodotto dalla Axon. Si tratta di un’evoluzione di un modello precedente denominato X26 che le Nazioni Unite avevano equiparato a uno strumento di tortura. Ancora oggi l’Onu ne sconsiglia l’utilizzo, nonostante non lo abbia mai vietato.
Le conseguenze per la salute
Tra gli aspetti più controversi dell’impiego del taser c’è quello delle conseguenze fisiche per le persone colpite. Nel 2012 uno studio pubblicato dalla rivista dell’American Heart Association ha evidenziato che il taser può causare aritmie ventricolari, arresto cardiaco e morte”, e che solamente nel 2018 almeno 49 persone erano morte dopo esser state colpite dai dardi.
Il rischio di subire un attacco cardiaco dopo il taser aumenta soprattutto in chi ha assunto droghe oppure ha appena compiuto uno sforzo fisico considerevole, come una lotta o una fuga. Anche per questo negli Stati Uniti la polizia è dotata di defibrillatori.
La stessa casa produttrice sottolinea che le scosse possono alterare la respirazione e che nel caso di soggetti in uno stato di delirio eccitato si possono riscontrare rischi per la salute potenzialmente fatali. Per questo si consiglia di sparare sotto al torace ed evitare che le scosse attraversino il cuore.
Alla luce di ciò, nel 2018 Amnesty scrisse una lettera all’allora capo della polizia Franco Gabrielli (oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza nazionale) in cui si denunciava la tendenza all’uso in condizioni di normalità e si chiedeva se prima della sperimentazione fossero stati effettuati studi medici per scongiurare conseguenze sulle persone colpite. Ma a oggi non sembrano esser arrivate risposte.