“C’E’ L’ARABIA SAUDITA DIETRO GLI ATTACCHI DELL’11 SETTEMBRE MA GLI USA NASCONDONO LA VERITÀ” – L’ATTIVISTA KRISTEN BREITWEISER LANCIA LE SUE ACCUSE DOPO LA DESECRETAZIONE (PARZIALE) DEI DOCUMENTI DA PARTE DELL’FBI – MA FINO A CHE PUNTO CI FU LA COMPLICITA’ DELLA CASA REALE SAUDITA? IN MEDIO ORIENTE CI SONO ETNIE E TRIBU’, SUPERIORI ALLA POLITICA – CHI HA VINTO E’ IL PAKISTAN CHE E’ IL PIU’ GRANDE MERCATO ILLEGALE DI ARMI AL MONDO, PAESE CHE HA RAPPORTI CON TUTTI ECCETTO L’INDIA (NON A CASO BIN LADEN FU BECCATO IN PAKISTAN)
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
L’Fbi inizia a pubblicare i documenti segreti delle indagini sull’11 settembre, che confermano i sospetti riguardo l’Arabia Saudita, ma a Kristen Breitweiser non basta: «Bisogna rivelare tutto, anche sul ruolo di Iran, Emirati Arabi Uniti, Sudan, Pakistan e Qatar. Non saremo mai sicuri, fino a quando colpevoli e complici non verranno portati davanti alla giustizia».
Biden ha ordinato di togliere il segreto, e durante l’anniversario di sabato l’Fbi ha pubblicato un rapporto di 16 pagine su “Encore”, l’inchiesta riguardo Riad. Il testo si concentra sull’aiuto che Nawaf Al-Hazmi e Khalid Al-Mihdhar, i primi due attentatori arrivati negli Usa all’inizio del 2000, avevano ricevuto in California dall’ex impiegato statale saudita Omar al-Bayoumi e dal funzionario del consolato di Los Angeles Fahad al Thumairy. Kristen negli attentati aveva perso il marito Ron, e insieme ad altre tre vedove aveva formato il gruppo delle “Jersey Girls”, determinante nella creazione della Commissione d’inchiesta sull’11 settembre.
Cosa pensa del rapporto?
«Sebbene ci siano ancora troppi passaggi cancellati, continua a sollevare domande scomode non solo sul ruolo saudita, ma anche sui fallimenti sistemici del mio governo che hanno contribuito all’enorme devastazione».
Ritiene che l’Arabia Saudita abbia aiutato i dirottatori?
«Il governo americano possiede informazioni per provare il ruolo saudita, come minimo nel sostegno finanziario. I fatti dimostrano che avevano un grande network di appoggio negli Usa, già 18 mesi prima dell’attacco. Vari governi stranieri hanno giocato un ruolo, all’interno e all’esterno degli Usa. Pubblicare queste informazioni è l’unico modo per assicurare che non avremo un altro 11 settembre».
Non sospettate solo dell’Arabia Saudita?
«No. Le famiglie delle vittime sono in causa con l’Iran, responsabile di aver aiutato i dirottatori con passaporti e trasporti. Dal 1992 al 1996 Bin Laden ha vissuto in Sudan, rafforzando Al Qaeda. Molte transazioni finanziarie che hanno consentito agli attentatori di colpire sono originate negli Emirati Arabi Uniti.
Khalid Sheikh Mohammed, mente dell’operazione, era in Qatar prima degli attacchi, ma per qualche ragione non siamo andati a prenderlo. Bin Laden, infine, è stato trovato in Pakistan: cosa ci faceva libero in quel Paese? Sono domande scomode, perché riguardano alleati degli Usa, e quindi avrebbero un impatto sulla politica estera. Vendiamo un sacco di armi all’Arabia Saudita, dove abbiamo una forte presenza militare: né noi, né loro, vogliamo mettere a rischio questo rapporto».
Cosa pensa del ritiro dall’Afghanistan?
«Capisco perché siamo andati, ma l’operazione è stata gestita male dall’inizio, cioè da quanto abbiamo fatto negli anni Ottanta, come nel 1996 abbiamo permesso a Bin Laden di tornare, e tutti i problemi successivi, incluso il ritiro».
Cosa prova a vedere i taleban di nuovo al potere?
«Mi si spezza il cuore».
Teme che torneranno ad attaccare l’America?
«Sono sicura che possono, e probabilmente lo faranno».
Cosa ha provato quando Bin Laden è stato ucciso?
«Anche questo ha sollevato domande. Perché ci abbiamo messo così tanto a trovarlo? Perché era libero in Pakistan? Poi sarebbe stato meglio prenderlo vivo, per processarlo e sentire cosa aveva da dire».
Non potremmo conoscere la verità dal processo di Khalid Sheikh Mohammed?
«Vorrei vederlo, ma non avverrà mai, perché è stato torturato dalla Cia».
Le prove raccolte con la tortura sono inammissibili?
«Questo è un motivo. Poi non vogliono che alcune cose scoperte negli interrogatori diventino note, e temono che i suoi avvocati rivelino in tribunale le prove della tortura».
Alcuni ex detenuti di Guantanamo sono membri del governo di Kabul.
«È successo perché Guantanamo è stata gestita male dal principio. È una “kangaroo court”, un tribunale fantoccio. Una macchia nella storia degli Usa. I colpevoli sono là, ma non possono essere processati».
Mohammed è stato arrestato in Pakistan: non dovrebbe almeno sapere chi l’ha aiutato?
«Ovvio. Sapete quanti soldi danno gli Usa al Pakistan ogni anno? Eppure Bin Laden era nascosto là».
I suoi critici l’accusano di essere più dura con gli Usa che con Al Qaeda.
«I terroristi che hanno ucciso mio marito sono criminali e vanno portati a processo. Ma è il mio governo che impedisce la giustizia, non noi. Non so perché, ma pur avendo le prove di chi li ha sostenuti finanziariamente, chi li ha aiutati logisticamente, chi li ha addestrati militarmente, chi ha insegnato loro a dirottare gli aerei, e le conversazioni registrate in occasione di attacchi precedenti come la Cole, gli Usa vogliono lasciarli andare».
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