Sono gli eroi dimenticati. Quegli otto vigili del fuoco che, pur essendo fuori servizio, corsero sulla Costa Concordia e misero in salvo oltre 70 persone. Agirono nel buio e nell’incertezza. E nell’incertezza sono rimasti in questi ultimi dieci anni.

L’allora comandante provinciale dei vigili del fuoco Ennio Aquilino chiese per gli otto vigili la promozione per meriti straordinari, che il Ministero dell’interno dipartimento vigili del fuoco ha negato loro per un decennio. Il Tar Toscana si pronunciò una prima volta nel 2017 e venne ordinato al Ministero di riesaminare meglio la vicenda attenendosi ai princìpi espressi in sentenza. Ma vennero nuovamente negate le promozioni. Ieri il Tar ha accolto il secondo ricorso, che era stato presentato nel 2018 per impugnare il provvedimento di diniego della promozione del febbraio di quello stesso anno, e ha riconosciuto come fondata la richiesta dei vigili.

IL DINIEGO DELL’AMMINISTRAZIONE

Il provvedimento di diniego impugnato risulta motivato in considerazione del fatto che “nell’ambito della nuova istruttoria eseguita, non sono emersi riscontri obiettivi idonei a far ritenere che il personale proposto per la concessione del beneficio della promozione per merito straordinario abbia corso un rischio superiore rispetto ad altro personale intervenuto nell’immediatezza e nelle fasi successive e ciò fino alla stabilizzazione del relitto; Considerato, pertanto, che nell’attività prestata dal personale di cui trattasi non si è manifestato quel grado di differenziazione rispetto alle operazioni di intervento espletate dal restante personale chiamato ad intervenire, né quel grado di “eccezionalità” alla cui sussistenza il legislatore subordina la concessione del beneficio in questione, ravvisandosi, al contrario, una sostanziale equipollenza con le attività svolte da altro personale intervenuto sia nelle prime fasi che nelle fasi successive”.

LA SENTENZA DEL TAR

Dall’esame della motivazione è evidente come l’Amministrazione abbia reiterato le medesime argomentazioni contenute nei precedenti dinieghi annullati da questo Tribunale, accomunando il pericolo di vita corso dai ricorrenti a quello che sarebbe stato affrontato altri appartenenti al Corpo Nazionale dei VV.F. L’errore e il travisamento dei fatti risulta evidente laddove nel provvedimento ora impugnato si afferma che oltre ai ricorrenti, vi era anche altro personale dei VV.F. che avrebbe operato sulla Costa Concordia, correndo i medesimi rischi dei ricorrenti.

Dalle richieste di promozione, al contrario, si desume che soltanto i ricorrenti, e nessun altro, si erano introdotti nell’interno della Costa Concordia, operando ininterrottamente dalle ore 00.45 alle ore 7.30 della mattina successiva, fino a che tutti i passeggeri fossero tratti in salvo.

Nemmeno l’Amministrazione ha fornito altri elementi di fatto per dimostrare l’esistenza di una sostanziale identità delle attività svolte, limitandosi a sancire un generico principio di “equipollenza”, senza considerare l’elemento di “straordinarietà”, riconducibile all’aver messo in pericolo la propria vita nel momento in cui i ricorrenti erano entrati nell’interno di una nave già fortemente inclinata e che lasciava presumere un imminente affondamento.Detta condotta rispecchia quanto previsto dall’art. 66 del D.lgs. 217/2005 laddove si prevede che la promozione alla qualifica superiore può essere conferita per merito straordinario al personale che “nell’esercizio delle sue funzioni, al fine di tutelare l’incolumità delle persone, abbia corso grave ed effettivo pericolo di vita ovvero, nel portare a compimento attività di eccezionale rilevanza, abbia messo in luce straordinarie capacità professionali, dimostrando di poter adempiere alle funzioni della qualifica superiore”.

Dette circostanze “eccezionali” non sono state smentite dall’Amministrazione e, al contrario, la loro esistenza risulta confermata dalle richieste di promozione formulate dal Comandante Provinciale, laddove quest’ultimo ha evidenziato che i ricorrenti, privi di qualsiasi informazione sulla stabilità della nave che visibilmente continuava a ruotare e pertanto da un momento all’altro avrebbe potuto inabissarsi “con conseguenze fatali per i soccorritori“, di fronte alla possibilità che all’interno della nave ci fossero passeggeri intrappolati da salvare, decidevano di correre questo “grave ed effettivo pericolo, ed incuranti della propria incolumità“.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana ha quindi accolto il ricorso condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese liquidate in euro 3.000,00.

Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa