Il gigante russo dell’energia Gazprom ha interrotto questa mattina il flusso di gas via Nord Stream 1, la principale infrastruttura tramite la quale il metano di Mosca arriva in Europa.

Il colosso energetico russo Gazprom ha interrotto all’alba di mercoledì le sue forniture di gas alla Germania tramite il gasdotto Nord Stream 1, motivando la decisione con la necessità di effettuare lavori di manutenzione.

Entsog, l’operatore tedesco del gasdotto, ha annunciato che le consegne di gas sono state interrotte poco prima delle 6.00 del mattino. I lavori, che dureranno tre giorni, riguardano in particolare una stazione di compressione. Gazprom li ha definiti “necessari”, precisando che sono aggiustamentnti che vanno eseguiti dopo “ogni mille ore di funzionamento”.

Il capo dell’agenzia federale tedesca per l’energia, Klaus Mueller, ha definito la decisione “tecnicamente incomprensibile”, sottolineando che probabilmente si tratto solo di un pretesto da parte di Mosca per esercitare pressione politica tramite le forniture energetiche.

Ttf in rialzo

In apertura di giornata il prezzo del gas al Ttf di Amsterdam – punto di riferimento per i mercati energetici – era di 269 euro per megawattora, ma è risalito in breve tempo a 275. Nella giornata di martedì le contrattazioni avevano chiuso a 254 euro al megawattora.

Il gas al centro dello scontro geopolitico

Il costo del metano sui mercati resta dunque elevato. Questo significa che i Paesi produttori ed esportatori di gas – come la Russia – potranno mantenere entrate significative anche vendendo quantità di gas inferiori rispetto al passato. È esattamente quello che sta accadento in questi mesi e nelle ultime settimane. Il colosso energetico russo Gazprom, infatti, ha annunciato che chiuderà il gasdotto Nord Stream 1 tra il 31 agosto e il 2 settembre. La società moscovita ha motivato la decisione, come già accaduto in altre occasioni, dicendo che sono tempi necessari a lavori di manutenzione.

Il mercato energetico, dunque, torna ad essere terreno di scontro geopolitico, come ormai accade regolarmente dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Come evidenzia un grafico elaborato dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), la Russia non può che trarre beneficio dall’attuale andamento dei prezzi. Non a caso i Paesi europei, Italia in testa, hanno lavorato sodo alla diversificazione delle fonti energetiche per ridurre la dipendenza dal metano russo. Le fluttuazioni dei prezzi, infatti, impattano in maniera diretta i costi per famiglie e imprese, che rischiano di trovarsi a pagare costi troppo elevati per sostenere le produzioni.

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