La Banca d’Italia pubblica i dati più recenti sulla situazione economica nel Paese. A causa della crisi energetica aumentano i prezzi in tutto il Paese, ma le zone più colpite sono il Meridione e il Nord Est.

Nel 2021 l’economia italiana ha recuperato buona parte dell’eccezionale contrazione dell’anno precedente, beneficiando del miglioramento del quadro sanitario e dell’allentamento delle restrizioni a seguito dei progressi nelle campagne vaccinali, lo riporta la Banca d’Italia nel report ‘Economie regionali’, diffuso giovedì. La ripresa è stata leggermente più marcata al Centro Nord. Il Pil si è collocato però ancora al di sotto del livello osservato prima della pandemia in tutte le macroaree, con un differenziale compreso tra i 2,3 punti percentuali del Nord Ovest e i 3,4 del Centro. La ripresa è proseguita nella prima metà del 2022: in base all’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d’Italia l’espansione è stata diffusa in tutte le ripartizioni.

Nord Est e Isole più colpiti dall’inflazione

Dopo un periodo prolungato di debole crescita dei prezzi, dalla seconda metà dello scorso anno l’inflazione sui dodici mesi, misurata dall’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), è fortemente salita in Italia, portandosi al 3,9 per cento a dicembre del 2021 e raggiungendo l’8,9 per cento a settembre del 2022. L’aumento, riporta Bankitalia, è dipeso principalmente dal rincaro dei beni energetici. Allo stesso tempo, si è accentuata l’eterogeneità territoriale negli andamenti dell’inflazione, con una perdita di potere d’acquisto più marcata nel Nord Est e nelle Isole.

Aumentano i prezzi dei beni energetici

Nella media del 2021 l’inflazione sui dodici mesi è stata pari all’1,9 per cento, con lievi differenze a livello territoriale, mentre nel 2022 ha continuato a crescere, raggiungendo valori particolarmente elevati. È proseguito l’eccezionale incremento dei prezzi dei beni energetici, i cui effetti sono stati solo in parte mitigati dagli interventi governativi, le pressioni inflazionistiche si sono diffuse ai prodotti alimentari e ad ampie categorie di servizi.

L’eterogeneità territoriale della dinamica dei prezzi si è accentuata nel corso
dell’anno: a settembre la variazione sui dodici mesi del Nic è stata superiore nelle Isole
(10,2 per cento) e nel Nord Est (9,4 per cento),
pressoché in linea con il dato
nazionale nel Sud (8,8 per cento) e inferiore nel Centro e nel Nord Ovest (8,6 e 8,2 per
cento, rispettivamente).

Beni energetici e alimentari pesano di più

Le differenze tra macroaree nell’andamento dell’inflazione, riporta Bankitalia, riflettono eterogeneità territoriali sia nella dinamica del prezzo sia nel peso di ciascuna componente dell’indice. Considerando entrambi i fattori, in tutte le aree le divisioni di spesa che includono beni energetici (“abitazione, acqua, elettricità e combustibili” e “trasporti”) nonché gli alimentari hanno fornito il contributo maggiore alla crescita dei prezzi nel mese di settembre. Nel Sud e soprattutto nelle Isole l’apporto di queste tipologie di beni è stato superiore rispetto al resto del Paese: poiché il loro consumo è difficilmente comprimibile, hanno un’incidenza più alta nel paniere delle famiglie con livelli di spesa inferiori, relativamente più diffuse nel Mezzogiorno. Nel Nord Est l’elevata variazione dell’indice generale dei prezzi, superiore alla media nazionale, rispecchia anche il contributo dei servizi ricettivi e di ristorazione, che hanno un peso maggiore nell’indice e, in misura minore, dell’arredamento, dei servizi per la casa e della divisione di spesa “altri beni e servizi”, che hanno registrato incrementi dei prezzi più accentuati rispetto alle altre macroaree.

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