Circa 50.000 anni faun gruppo di Sapiens emigrò dall’Africa e nel suo lungo cammino verso l’Eurasia incontrò e si incrociò con i Neanderthal: questo è noto, ma non fu l’unica volta in cui i nostri diretti antenati umani e alcuni loro parenti prossimi, come appunto i Neanderthal (Homo neanderthalensis, da 200.000 a 40.000 anni fa circa) e i Denisova (Homo di Denisova, da 70.000 a 40.000 anni fa circa), si sono scambiati il ​​Dna. Negli ultimi anni gli studi sul genoma di antiche popolazioni umane hanno rivelato inattese contaminazioni e permesso di ricostruire e comprendere meglio i tempi e le rotte migratorie che hanno portato l’Homo a colonizzare l’intero Pianeta.

 

Studi che oggi portano a rivelazioni inattese: utilizzando uno speciale software di analisi, classificazione e confronto di segmenti di Dna, un team di ricercatori della Cornell University (New York, Usa) annuncia – con uno studio pubblicato sull’autorevole PLOS Genetics – l’esistenza di tracce significative di Dna arcaico e Dna super arcaico nei genomi di Neanderthal e Denisova, tracce che in parte sono arrivate fino a noi.

 

 

Gocce di un antico Dna. Lo studio è stato condotto sui genomi di due Neanderthal, un Denisova e due africani di oggi. L’analisi, basata su modelli probabilistici (ossia sul calcolo delle probabilità) e predittivi (che consentono di fare previsioni sulla base di insiemi di dati), ha mostrato che il 3% del genoma dei Neanderthal appartiene a umani più antichi, del tutto sconosciuti, coi quali i Neanderthal potrebbero essersi incontrati tra 200.000 e 300.000 anni fa. Ancora più sorprendente il risultato per il Denisova: l’1% del suo genoma sarebbe ascrivibile a un parente più lontano, forse addirittura all’Homo erectus (oltre 1,5 milioni di anni fa!). Di questo piccolo tesoretto di Dna arcaico e super arcaico, fatto da incontri occasionali e separazioni definitive, il 15 per cento circa sarebbe arrivato fino a noi.

 

Le conclusioni dei ricercatori della Cornell sono coerenti con altri studi recenti che ci parlano dei flussi genici tra esseri umani antichi e i loro affini, ma in questo caso lo strumento utilizzato per lo studio è importante almeno quanto i risultati ottenuti. Il software usato permette infatti di «risalire più indietro nel tempo nello studio del Dna rispetto a qualsiasi altro metodo finora utilizzato», afferma Adam Siepel, uno dei ricercatori, perché intercetta anche minuscoli resti di un flusso genico di migliaia di anni fa in una manciata di geni sopravvissuti fino a oggi e potrà essere applicato allo studio dell’evoluzione di qualunque specie animale.



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