Si sentono spesso notizie di ritrovamenti di ambra, una resina fossile preziosa in particolare per ciò può contenere se quando era ancora una resina fresca che colava lungo il tronco della sua conifera, migliaia o milioni di anni fa, ha intrappolato e inglobato frammenti o resti di vegetali, funghi, insetti… e indurendosi (fossilizzando) si è trasformata in una capsula del tempo per il suo contenuto, trasportandolo intatto fino a noi. Quello che scopriamo all’interno dell’ambra, che sia una foglia o un insetto perfettamente conservati, è un fossile al pari del cranio di un T.Rex o dello scheletro di un Neanderthal?

 

In linea di massima sì. La parola fossile si usa per definire il resto, integro o parziale, di un organismo vivente, e per estensione per indicare una qualsiasi traccia di una forma di vita passata. Dal punto di vista della paleontologia non c’è alcuna differenza tra il cadavere perfettamente conservato nel ghiaccio di un mammut, un osso di T. rex, una formica intrappolata nell’ambra o la cacca fossilizzata di un antenato della volpe: sono tutte tracce di forme di vita ormai scomparse e che servono per conoscere meglio gli animali che ci hanno preceduto sul pianeta. I fossili sono dunque uno strumento particolarmente importante, anche perché sono relativamenta rari: nella stragrande maggioranza dei casi un organismo vivente che muore si decompone in un lasso di tempo generalmente breve tempo e, semplicemente, scompare.

 

Quanti tipi di fossili esistono? Tuttavia è anche vero che un insetto intrappolato nell’ambra e il calco di una conchiglia impressa in un pezzo di calcare – entrambi tecnicamente fossili – non possono essere considerati alla stessa stregua, anche perché hanno seguito percorsi molto diversi per arrivare fino a noi (lo studio dei fenomeni che portano alla fossilizzazione di materia organica si chiama tafonomia). I processi che portano alla creazione di un fossile sono molti, e in certi casi molto rari, ma si possono suddividere in quattro macrocategorie.

 

# Resti originali: la formica intrappolata nell’ambra o il mammut preservato nel ghiaccio sono due esempi di resti originali il fossile è l’animale stesso, non una sua traccia. Questo tipo di fossilizzazione richiede condizioni ambientali molto particolari: oltre all’ambra e al ghiaccio, un esempio è quello dei pozzi di La Brea, a Los Angeles, un vero e proprio cimitero di animali rimasti intrappolati nel catrame, che ne ha bloccato il processo di decomposizione.

 

# Resti sostituiti: nella maggior parte dei casi i fossili che troviamo non hanno la stessa composizione chimica degli organismi che rappresentano. Nel corso del tempo i loro tessuti molli (viscere, cervello, muscoli…) si sono decomposti, mentre i minerali presenti nei tessuti più resistenti (per esempio le conchiglie dei molluschi oppure ossa e denti dei vertebrati) sono stati lentamente sostituiti da altre sostanze. Il risultato è che il resto fossile è una versione pietrificata del pezzo originale.

 

# Calchi e modelli: in certi casi anche le parti dure di un organismo possono dissolversi con il tempo e lasciare come unica traccia della loro antica esistenza un vero e proprio calco nella roccia dove, quando era un fango, sono rimaste intrappolate. In rari casi, e se il processo è stato particolarmente rapido, è possibile trovare nella roccia anche il calco di tessuti molli, per esempio le pinne dei pesci o l’impronta dell’epidermide dei dinosauri.

 

# Tracce: sono invece semplicemente tracce tutto ciò che testimonia la presenza di un animale nel passato, ma che non è o non è più parte del corpo dell’animale stesso. Alcuni esempi sono le impronte di zampe, le scie lasciare da serpenti, i gusci di uova, i coproliti (cioè cacca pietrificata).

 

E l’uomo? Per i resti umani vale più o meno lo stesso discorso fatto per quelli animali, con un’avvertenza: per essere considerato fossile, un resto (umano o animale) deve avere più di 10.000 anni, data che coincide con la fine dell’ultima glaciazione del Pleistocene, l’estinzione delle megafaune e, per l’uomo, con l’inizio della domesticazione. Un resto umano che abbia meno di 10.000 anni, invece, non è considerato un fossile neanche quando è andato incontro a processi di fossilizzazione (pensate per esempio agli abitanti di Pompei del 79 d.C.) ed è materiale di studio dell’archeologia più che della paleontologia.



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