In accordo con gli alleati del G7, i 27 Stati membri dell’Unione europea hanno deciso di imporre il price cap al greggio russo. La decisione, siglata dagli ambasciatori a Bruxelles, era in attesa del via libera della Polonia, arrivato nelle scorse ore.

I 27 Stati dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo sul tetto al prezzo del petrolio russo: viene fissato a 60 dollari al barile. Si tratta di una ulteriore mossa, in accordo con gli alleati del G7, per privare Mosca di una delle principali fonti di finanziamento della guerra contro l’Ucraina.

E se la quotazione mondiale del greggio russo, che attualmente oscilla attorno ai 65 dollari, dovesse scendere sotto i 60, il meccanismo approvato dall’Ue prevede comunque un tetto del 5% inferiore al prezzo di mercato. Ma deve comunque rimanere superiore ai costi di produzione per incoraggiare la Russia a continuare le consegne e a non tagliare le forniture. L’accordo, già siglato giovedì dagli ambasciatori dei Paesi membri dell’Ue a Bruxelles, era rimasto sospeso in attesa della decisione della Polonia, che ha dato il via libera solo nelle scorse ore.

Come funziona il tetto

Il meccanismo previsto prevede l’imposizione di un tetto di 60 dollari al barile ai prezzi del petrolio russo venduto in Stati terzi, in aggiunta all’embargo Ue (con eccezione del greggio che arriva via oleodotto a favore dell’Ungheria) che entrerà in vigore lunedì 5 dicembre. In particolare, il provvedimento dell’Unione vieterà alle compagnie di fornire servizi che consentano il trasporto e l’assicurazione del petrolio russo oltre il tetto dei 60 dollari, al fine di limitare le entrate che Mosca trae dalle sue forniture a Paesi come la Cina o l’India.

Ad avvalorare la strategia di Bruxelles ci sono i dati del fatturato russo: da inizio guerra ha ricavato 67 miliardi di euro dalle sue vendite di petrolio nell’Ue. A fronte di un bilancio militare annuale che ammonta a circa 60 miliardi all’anno, secondo quanto riporta Phuc-Vinh Nguyen, esperto di questioni energetiche dell’Istituto Jacques-Delors, citato dall’Afp. La Russia è il secondo esportatore lordo mondiale di greggio. Attualmente, i Paesi del G7 forniscono servizi assicurativi per il 90% dei carichi globali e l’Ue è uno dei principali attori nel trasporto marittimo, il che si traduce in un credibile deterrente, ma anche un rischio di perdita di profitti di mercato.

Lo posizione critica (rivista) della Polonia

La Polonia era stata inizialmente molto critica sull’efficacia del tetto fisso, chiedendo un prezzo molto più basso (alcune fonti evocavano 30 dollari al barile). Il prezzo di un barile di petrolio russo (Urals oil) oscilla attualmente intorno ai 65 dollari, poco sopra il tetto europeo, quindi un impatto effettivamente contenuto nel breve periodo. Dal prossimo lunedì, l’embargo dell’Ue sul petrolio russo trasportato via mare eliminerà i due terzi dei suoi acquisti di greggio dalla Russia. Con Germania e Polonia che hanno deciso autonomamente di interrompere le consegne tramite oleodotto entro la fine dell’anno, le importazioni russe saranno tagliate di oltre il 90%.

Fonte Agi

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