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“Siamo in attesa della circolare dell’Ufficio scolastico regionale. Ma pronti per l’ingresso scaglionato in doppia fascia, che nel Lazio dovrebbe essere confermato in queste modalità: per il 60% delle classi alle 8 e per il restante 40% alle 9.40”. Lo dice all’Adnkronos Paolo Reale, rettore del Convitto nazionale ‘Vittorio Emanuele II’ di Roma impegnato in questi giorni nella complessa organizzazione di un istituto che dalle primarie alle secondarie superiori ospita circa 2mila ragazzi.

Il Convitto, apri-pista l’anno scorso ad una prima sperimentazione dei test salivari con la Asl Rm1, non essendo stato incluso quest’anno tra le scuole sentinella intende ripetere anche stavolta in autonomia l’esperienza passata: “avevamo fatto due screening alle secondarie di primo grado su 120 ragazzi. E’ mia intenzione riproporlo con un protocollo con l’Asl Rm 1, coinvolgendo elementari e medie”. Nessun ‘pre test’ per il Green Pass: “Abbiamo lavorato in remoto. Ma quasi la totalità del personale scolastico è in possesso della certificazione verde. Non mi risultano casi di no vax o no green pass”, riferisce.

Reale è scettico sulla possibilità che possano esserci classi con studenti tutti vaccinati: “ne passerà acqua sotto i ponti – afferma – Finché non c’è l’obbligo è molto difficile che ciò avvenga. E’ una ipotesi altamente improbabile”. Nessun dubbio invece sul tema mascherine: per quanto riguarda l’eventualità che possano non essere indossate nelle classi di vaccinati, come previsto nel decreto 111 del 6 agosto in attesa di conversione, il Rettore della storica scuola romana, invita il Parlamento ad intervenire per eliminare la norma: “magari con un emendamento. Sono assolutamente per la mascherina obbligatoria che l’anno scorso ha dato risultati eccellenti, è stato uno dei mezzi fondamentali per evitare i contagi. Sfido chiunque a volerla togliere”.

“Garantire il distanziamento è facile sulla carta, ma in una scuola è estremamente complicato -rileva – Basta muoversi un minimo e si aumentano le probabilità di rischio”. Per non parlare del rischio ghettizzazione e discriminazione fra i giovani o che la caccia all’untore si sia già innescata nelle chat: “E’ la scoperta dell’acqua calda – ironizza – Qui parliamo di nativi digitali. Il loro modo di comunicare avviene su quei dispositivi. Ne fanno uso in modo disinvolto dunque si corre il rischio di un uso distorto e anomalo. Con risultati inevitabili e da evitare. Ma – ammonisce – i ragazzi non vanno demonizzati perché spesso, essendo in buona fede, non comprendono la portata di certe informazioni sensibili”. E conclude: “Servono poche regole certe e incontrovertibili: come l’obbligo vaccinale. Ma serve il coraggio di dire: si fa così”.

(di Roberta Lanzara)



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Agenzia Stampa AdnKronos

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