Com’è cambiata l’Italia dopo la pandemia Coronavirus? Qual è stato l’impatto diretto del coronavirus sulla vita degli italiani?  I timori e le preoccupazioni dei mesi passati in lockdown come influenzeranno il modo in cui vediamo il futuro del nostro Paese e dell’Europa?  A queste e ad altre domande ha cercato di rispondere “The new normal?”, uno studio comparativo effettuato in 7 paesi (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti), sul #Covid19 e il suo impatto sulla fiducia, la coesione sociale, la democrazia e sulle aspettative sul futuro, condotto da More in Common. 

Lo studio pubblicato oggi è stato presentato il 16 settembre in anteprima con un webinar in cui il presidente del think tank #Volta, Giuliano da Empoli, ha discusso i risultato con la capogruppo per il Partito Democratico alla Camera Lia Quartapelle e Christian Rocca, direttore editoriale Linkiesta.it.

Partiamo da un dato positivo: secondo More in Common il covid-19 ha scatenato speranze di cambiamento in molte società, soprattutto quelle che hanno lottato maggiormente con il virus. E soprattutto ha reso le persone più consapevoli del valore dell’umanità condivisa, delle comunità locali forti e del legame con la natura. Come se il lockdown avesse riportato molte persone ai fondamentali. 

Questo ottimismo però non è molto condiviso nel nostro Paese: sebbene secondo lo studio la maggior parte degli italiani creda nell’importanza di cogliere l’opportunità data dal Covid-19 di apportare importanti cambiamenti sociali, solo un terzo dei nostri connazionali pensa che si realizzeranno davvero. Ci sono altri tre i dati più interessanti su cui riflettere per capire il pessimismo di fondo. Un terzo degli italiani ha visto peggiorare la salute e la vita familiare a causa della pandemia, così come la situazione finanziaria di quasi la metà dei nostri connazionali ossia il 48 per cento, è peggiorata; mentre solo un italiano su due (52%) ha percepito solidarietà nei propri confronti e in quello degli altri. È la fotografia di un Paese più malato, povero e insicuro. 

Ogni crisi ha i suoi eroi. E gli italiani hanno potuto constatare ancora una volta quanto il nostro sistema sanitario nazionale e assistenziale sia all’altezza: la fiducia degli italiani verso medici, infermieri e badanti è aumentata durante la pandemia  soprattutto tra gli over 55 e tra gli abitanti nelle regioni del Mezzogiorno.

La (poca) fiducia nelle istituzioni e la paura per il futuro
Mentre per quanto riguarda le Istituzioni, non sono molti gli italiani particolarmente soddisfatti della gestione della pandemia da parte del Governo: solo il 47 per cento fiducioso nelle capacità di affrontare la crisi generata dal coronavirus. Durante la pandemia la maggior parte degli italiani ritiene che le restrizioni che hanno dovuto affrontare per impedire la diffusione del Covid-19 fossero ragionevoli e proporzionate ma si è deteriorata, e di molto, la fiducia verso le istituzioni locali che non hanno gestito sempre al meglio l’emergenza. Questa impreparazione ha lasciato la sua ferita politica: quasi un quarto degli italiani non si fida più di regioni e comuni.

Solo poco più della maggioranza degli italiani ritiene che la gestione della crisi da parte del Governo sia stata democratica. Gli abitanti del Nord Italia tra i 30 e 54 anni, uomini, sono la categoria che ha percepito le azioni del governo come più autoritarie. Mentre lungo lo stivale, un terzo degli italiani pensa che la qualità del dibattito pubblico sia peggiorata dall’inizio della pandemia. 

Quello che preoccupa di più il futuro: la maggior parte degli italiani non è sicura che l’attuale Governo sia in grado di affrontare e vincere le sfide poste del Covid-19.
Gli abitanti delle regioni settentrionali – dove la pandemia è stata più virulenta – sono particolarmente deluse, mentre gli italiani che vivono in altre regioni sono meno critici.

Ma il dato più allarmante riguarda i sospettosi verso i media e il Governo, ma molti sono convinti che quest’ultimo nasconda ai cittadini alcune informazioni sulla pandemia. Lo studio fa notare che, mentre per gli uomini è più probabile pensare che il Governo ingigantisca la crisi causata dal Covid-19, per la maggior parte delle donne italiane è più plausibile aspettarsi che il Governo nasconda alcune informazioni ai cittadini.

Disponibilità a farsi vaccinare
Nonostante l’avanzare della cultura del sospetto nel nostro Paese, secondo lo studio è abbastanza probabile che almeno la maggior parte degli italiani acconsenta a farsi vaccinare contro il Covid-19, una volta sviluppato un vaccino efficace. È interessante notare che le persone del Nord sono tra quelle che hanno meno probabilità di farsi vaccinare, nonostante la pandemia sia stata particolarmente virulenta in quelle aree.

La diligenza degli italiani nel seguire le regole
Quasi tutti gli italiani sostengono di seguire le regole di distanziamento sociale abbastanza rigorosamente. Le donne e le persone sopra i 55 anni sono tra le più scrupolose. Secondo lo studio gli italiani pensano alle pratiche di contenimento del virus come a un loro dovere civico, ma molti credono che la maggior parte dei loro concittadini non abbia adottato in maniera adeguata queste  pratiche. Lo studio sottolinea un paradosso nel nostro Paese: i giovani sono più negativi riguardo al comportamento degli altri, ma a loro volta sono meno inclini a seguire le regole di contenimento, forse perché la loro fascia di età è quella in cui si è più soliti praticare attività in cui il distanziamento sociale è impraticabile (come andare in discoteca, a scuola) ed è anche quella in cui il tasso di mortalità da Covid-19 è ancora piuttosto basso.

Gli italiani si sentono più divisi
Secondo lo studio in media gli italiani tendono a percepirsi come più divisi dopo la pandemia, anche se non drasticamente. Gli uomini anziani del nord Italia tendono a percepire di più questa divisione, mentre gli under 30 e gli abitanti delle regioni meridionali si sentono più coesi. Questo dato riflette anche l’impatto della pandemia nelle varie zone d’Italia. Non a caso gli italiani sembrano abbastanza divisi anche quando si tratta di valutare la gestione della crisi nel loro Paese: mentre gli anziani e gli abitanti del Sud sono piuttosto orgogliosi di come è stata gestita la pandemia, gli altri gruppi sono divisi quasi perfettamente a metà nelle loro interpretazioni.

Gli italiani sono pronti a un Green deal, ma non a pagarlo.

La maggior parte degli italianiritiene che il Covid-19 ci abbia dimostrato che la nostra impronta ambientale può essere ridotta e sosterrebbero un Green New Deal, ma quasi due terzi dei nostri connazionali pensa che il Governo non stia facendo abbastanza per contrastare il cambiamento climatico e tre quarti di loro sono preoccupati che questa riduzione non venga effettivamente perseguita. Lo studio ribalta alcuni stereotipi. Per esempio è interessante notare che gli italiani sopra i 55 anni sono i più delusi delle azioni del Governo in questo senso, mentre gli under 30 sono tra i più soddisfatti. Ma ne conferma altri. Meno di un terzo degli italiani sarebbe disposto a pagare le tasse sul carburante o sulle auto di proprietà per contribuire a preservare l’ambiente. Le generazioni più giovani sarebbero le più favorevoli a tali politiche, mentre gli anziani, le donne e le persone del Nord lo sarebbero di meno.



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