Il 29 aprile 1980 moriva il maestro del brivido Alfred Hitchcock, autore di thriller che, da sempre, inchiodano lo spettatore allo schermo al punto da fargli perdere quasi del tutto il contatto con la realtà.

 

Scene da brivido. Ebbene, per spiegare questa reazione che si ha davanti a un thriller di Hitchcock (e in genere davanti a film che suscitano paura), c’è una spiegazione scientifica formulata da un team di ricercatori del Georgia Institute of Technology (Usa): gli scienziati hanno analizzato con la risonanza magnetica funzionale (fMRI) il cervello di un gruppo di volontari mentre venivano mostrate loro alcune scene da L’uomo che sapeva troppo (1956) e Intrigo internazionale (1959), oltre ad altri film da brivido di altri registi come Alien (Ridley Scott, 1979) e Misery non deve morire (Rob Reyner, 1990). Elemento chiave del test, erano delle forti luci accese a intermittenza durante alcune sequenze dei film.

 

Lo studio delle immagini di risonanza ha evidenziato, durante le sequenze a maggior suspense, dei picchi di attività cerebrale nella scissura calcarina, la prima zona del cervello attivata dagli stimoli visuali. Durante le scene chiave, le aree cerebrali dedicate alla visione periferica venivano quasi del tutto disattivate, mentre si intensificava l’attività in quelle dedicate alla visione centrale.

 

A dimostrazione che nei momenti cruciali di un film che cattura l’attenzione, il cervello si concentra sulle immagini più importanti e sopprime, o prova a sopprimere, i segnali di contorno (nel caso specifico, le luci intermittenti).A che cosa serve questo meccanismo? Secondo i ricercatori questa selezione tra gli stimoli dovrebbe aiutare il cervello a formare la memoria dei dettagli collegata alla trama.

 

Siamo al sicuro. Inoltre, altri studi effettuati attra­verso la risonanza magnetica funzionale (fMRI), proverebbero che i film coinvolgenti accendono alcune aree cere­brali che ci trasmettono una scossa emotiva, ma non sempre nella direzione che immaginiamo. La risposta del cervello ai thriller e ai film horror, per esempio, è ina­spettatamente positiva, coinvolgendo anche i circuiti del piacere, il che spie­ga perché amiamo tanto guardarli. La reazione piacevole, però, si ha soltanto se ci sen­tiamo abbastanza al sicuro e se ci aspettiamo che il colpo di scena accada.

 

Di fronte a uno spavento, per favorire una reazione che consenta di sopravvivere, l’area del cervello preposta alle emozioni (amigdala) pompa nell’orga­nismo dopamina e adrenalina. Il battito del cuore aumenta e si ha accesso a una grande quantità di energia. In questo modo la paura scatenata dai film può provocare sensazioni positive e stimolanti.



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