Ricercatori impegnati nel sequenziamento del virus, attraverso la frammentazione del materiale genetico recuperato dai test per la ricerca del Covid
di Flavia Landolfi

Ricercatori impegnati nel sequenziamento del virus, attraverso la frammentazione del materiale genetico recuperato dai test per la ricerca del Covid
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C’è un’isola felice nella ricerca scientifica italiana che cresce, mattone su mattone, progetto su progetto. È Telethon, che in trent’anni ha costruito un profilo di eccellenza nella battaglia contro le malattie genetiche rare, quelle che per numeri e impatto economico rischiano l’oblio. E lo testimonia la raccolta fondi record a 46,3 milioni per il 2019 insieme ai proventi schizzati a 67,7 milioni.
Ma non solo. La superspecializzazione nell’ambito della genetica è valsa ai ricercatori Telethon del laboratorio Tigem di Pozzuoli l’incarico della Regione Campania per il sequenziamento del materiale genetico recuperato dai test Covid.
«Non si tratterà di cercare il vaccino – spiega Alessandro Betti, responsabile della raccolta fondi per la Fondazione -. Non siamo virologi e rifuggiamo da sempre da una logica tuttologica che farebbe disperdere le nostre competenze anziché valorizzarle». La caccia alla terapia anti Covid targata Telethon passerà quindi per la ricerca genetica: «Quello che faremo, grazie alla nostra specializzazione, è il sequenziamento del virus, attraverso la frammentazione del materiale genetico recuperato dai test per la ricerca del Covid». L’obiettivo è «studiarne l’evoluzione e soprattutto gli effetti sulla salute dei pazienti».
Telethon ha anche lanciato un bando Covid, da poco concluso, con una mission analoga: attraverso la connessione con una malattia genetica rara, cogliere i meccanismi alla base dell’infezione. Il finanziamento di Telethon su questo obiettivo è della durata massima di un anno e con un budget di 50mila euro a progetto.
Il bilancio della raccolta fondi
Ma per la Fondazione Telethon è oggi anche tempo di bilanci. Quello appena chiuso porta un segno più che positivo nella raccolta di fondi da donazioni dei privati, passati dai 44,9 milioni del 2018 a 46,3 del 2019, a fronte di proventi totali passati da 61,4 a 67,6 milioni, e nella crescita del 20% delle risorse destinate alla ricerca. «A guidare il nostro lavoro da oltre trent’anni è la ferma convinzione che ogni vita conti e che nessuno deve essere lasciato indietro – dice Francesca Pasinelli, direttrice generale della Fondazione –. Il nostro percorso di crescita è dovuto principalmente al cambio di strategia e a un rapporto sempre più diretto con i nostri donatori».
Le fa eco Betti che spiega le ragioni di questa crescita: «È un risultato che ci rende orgogliosi e che dobbiamo in larga parte ai nostri 13mila volontari sparsi sul territorio e ai nostri 370mila donatori abituali, quelli che da sempre ci sostengono nella missione di combattere le malattie genetiche rare che colpiscono i bambini».