Quanto agli enti locali, però, è la stessa Corte ha evidenziare le difficoltà nel percorso di attuazione del Piano triennale per l’informatica. La sezione delle autonomie della magistratura contabile ha infatti inserito nel proprio programma di attività un’indagine conoscitiva sul Piano 2017-2019, per «fornirne al Parlamento una fotografia della situazione attuale di Comuni, Città metropolitane, Province e Regioni». E nel report diffuso ad agosto ha rivelato l’esistenza di un netto divario digitale tra gli enti territoriali, che si distribuisce secondo fattori sia geografici che “dimensionali”.

Se le Regioni, le Province autonome e le dodici città con oltre 250mila abitanti conseguono, nella maggioranza dei casi, gli obiettivi del Piano («con valori nella media o superiori che si concentrano, prevalentemente, nei distretti economicamente più sviluppati del paese, nel Centro-nord, e in particolare nell’area del Nord-est»), «negli enti locali – spiega la Corte – la diffusa frammentazione in comunità di piccole dimensioni, il 93% delle quali è costituita da collettività con popolazione inferiore a 20mila abitanti, incide negativamente sul grado di attuazione».

Il buco delle competenze specialistiche

Il divario si manifesta anche nel dettaglio di due punti qualificanti del Piano: la progressiva dismissione dei data center obsoleti e inefficienti e la migrazione dei servizi pubblici verso il modello cloud della Pa. Anche qui: livelli di adesione superiori alla media nei dodici Comuni più abitati e, a seguire, nelle Regioni e Province autonome. Ma «pari a zero» nei Comuni con popolazione inferiore a 5mila abitanti, e nelle Province e città metropolitane delle Isole.

Secondo i magistrati contabili, uno dei principali motivi dell’attuale arretratezza tecnologica è il basso livello di competenze specialistiche Ict. In particolare, sono carenti e inadeguati i criteri di selezione del Responsabile per la transizione digitale: figura nominata solo dal 36,7% delle amministrazioni territoriali «e nel 67,9% dei casi fra soggetti privi di specifiche competenze nel campo».

Dal punto di vista operativo, il primo problema è quindi la mancanza di skill e strutture dedicate, come rimarca Rosamaria Bertè. «Nel caso della nostra ultima migrazione di dati sul cloud – dice il funzionario informatico della Corte dei conti – l’efficienza e la velocità del passaggio hanno rispecchiato esattamente quel che ci eravamo prefissati nella definizione della strategia. Credo nello sviluppo di prodotti di mercato e che l’innovazione non possa prescindere da un confronto tra pubblico e privato. Ma bisogna curare il capitale umano».



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