Cercava la luce, cercava i soldi, cercava il successo. Ma incontrò spesso il fallimento. Oliver Stone racconta i suoi primi quarant’anni nella bella e avvincente autobiografia edita da La nave di Teseo.

«Vivere in ristrettezze economiche è un po’ come essere in fanteria e osservare il mondo dalla prospettiva di un soldato semplice, quello che nel cinema si chiama worm’s eye, l’“occhio del verme”, l’inquadratura da terra: apprezzi molto di più le cose, che si tratti di una doccia o di un pasto caldo», si legge.

Oliver Stone, Cercando la luce

«Di questo parla il libro che avete tra le mani», continua l’autore. «Di quel sogno, dei primi quarant’anni, gli anni “i cui confini sbiadiscono sempre e per sempre” via via che andiamo avanti. Da giovane non avevo mai compreso il significato di questa bellissima espressione di Tennyson. Era l’unico concetto della sua magnifica poesia Ulisse che continuava a sfuggirmi. Adesso so perché».

Chissà perché Oliver Stone ha deciso di affrontare solo il bilancio di una porzione della sua vita, i primi 40 anni. Probabilmente perché dopo la sua esistenza è stata tutta in discesa e piuttosto noiosa. Ha fatto bene il regista di Salvador, Platoon e Natural Born Killers. Non che quello che è venuto dopo la gloriosa notte degli Oscar nel 1987 per Platoon non conti, anzi. 

Ha realizzato molti altri splendidi film (tra i nostri preferiti il quasi dimenticato Talk Radio, di cui Oliver non fa menzione nel libro), ma oramai era una star. 

In fondo anche per quanto riguarda le autobiografie di Woody Allen e Keith Richards, per esempio, la parte più avvincente sta proprio nelle pagine che riguardano i loro primi 40 anni.

10 buone ragioni per leggere  «Cercando la luce»,  l’autobiografia di Oliver Stone

1. L’introduzione, un prologo degno di un grande sceneggiatore, che ti catapulta sul set di Salvador e poi, abboccato i lettore sul più bello, compie un salto indietro nel tempo.

2. Una vita da rockstar maledetta. Ma raccontata con il senno di poi. 
Il Vietnam, le droghe, il sesso sfrenato. The End di Jim Morrison e desiderare per davvero o quasi di uccidere il padre e fare sesso con la madre. I due opposti che nel bene e nel male hanno governato gran parte della sua vita. Droghe a parte, appunto. Ma che cosa sarebbe stato Oliver Stone se non avesse attraversato la sua personale Apocalypse now?

3. La formazione da cineasta alla New York University. 
Al diavolo gli studi a Yale. Oliver Stone parte volontario per il Vietnam, al ritorno finisce in prigione per droga e poi scopre il cinema. Bellissime le pagine che riguardano la sua formazione con l’omaggio al grande Martin Scorsese, mentore allora ancora giovanissimo, ma che gli impartisce un insegnamento che seguirà per tutta la vita.

4. Quante volte nel libro Oliver cita i poemi omerici? Forse quante sono le volte che Al Pacino pronuncia “fuck” in Scarface. Qualcuno ne ha contate 183. Bellissime le pagine in cui racconta la difficile gestazione del film diretto da Brian De Palma e scritto, appunto da Oliver Stone, all’epoca ancora solo uno sceneggiatore pagato ancora sottovalutato, nonostante avesse già vinto un Oscar per Fuga da mezzanotte.

5. Storia di una vita da montagne russe, a quarant’’anni ancora irrisolta. Anzi sull’orlo del baratro.

6. “Cercando la luce” è un avvincente e vivido ritratto del mondo del cinema e in particolare di Hollywood, ricchissimo di aneddoti e sincere confessioni. Oliver Stone non risparmia critiche a nessuno. Ma mette a nudo anche se stesso. Non nasconde le sue ambizioni, stratagemmi incredibili, e sempre sul filo del rasoio tra essere un cineasta stronzo  molto commerciale e un cineasta leale con se stesso. Ma a quale prezzo.

7. Il racconto della produzione e delle riprese di Salvador. Un film nel film.

8. Oliver Stone è di destra o di sinistra? Forse è semplicemente un artista che ha trascorso i suoi primi 40 anni a cercare la luce. Forse è semplicemente anche lui un patriota americano, ma con un background europeo. Sua madre era francese. Certo è che l’esperienza in Vietnam lo ha segnato per tutta la vita. Hanno criticato a lungo la rappresentazione cruda della violenza nei suoi film, ma non si può fare finta che la violenza non esista quando si è stati in Vietnam e si vive negli Stati Uniti.

9. Platoon. Un film concepito nel 1976 e realizzato solo 10 anni dopo. Un esempio di rara testardaggine. Forse essere così testardi contro tutto e tutti. E combattere contro i Mulini a vento, non è così ingenuo. Alla fine paga. Magari con un Oscar.

10. Se Billy Wilder ti propone di realizzare insieme un film con protagonista una petomane, tu che cosa gli rispondi? È comunque Billy Wilder, mica uno qualunque. Mentre David Lynch, si scoraggia per non aver vinto l’Oscar con Velluto blu, che gli avrebbe permesso di baciare Elisabeth Taylor. Sono Pazzi questi (e geniali) cineasti.



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