Dopo undici anni, la Banca centrale europea (Bce) ha annunciato un rialzo dei tassi di interesse. La presidente Christine Lagarde ha confermato la decisione in conferenza stampa e dichiarato la sua preoccupazione per la crescente inflazione. Ecco come questa scelta influirà sulle vite degli italiani.

I tassi d’interesse, fermi dal 2011, saliranno di 25 punti base (0,25%) a partire da luglio 2022. Ad annunciarlo è stata la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, durante la conferenza stampa organizzata dopo la riunione del Consiglio direttivo. L’organo incaricato dell’attuazione della politica monetaria dei 19 Paesi dell’Eurozona ha anche previsto un ulteriore aumento dei tassi per settembre e l’interruzione del Pandemic emergency purchase programme (PEPP), il programma di erogazione di fondi per persone e imprese avviato a marzo 2020 per contenere l’impatto della pandemia. Nei prossimi mesi quindi il costo del denaro aumenterà progressivamente e questo avrà diverse conseguenze sugli investimenti dei risparmiatori italiani.

La strategia della Bce

Scelte simili sono state adottate anche in altri contesti: la Federal Reserve americana e la Banca centrale australiana hanno deciso di alzare i tassi nelle ultime settimane. La Bce ha scelto di allinearsi ai provvedimenti degli altri istituti perché ne condivide la preoccupazione per l’inflazione che continua a crescere per gli strascichi della pandemia e soprattutto a causa della guerra in Ucraina: nell’Eurozona a maggio 2022 ha raggiunto l’8,1%.

“I dati ci dicono che l’inflazione resterà molto alta per un po’ di tempo e che la moderazione dei prezzi dell’energia, la ripresa della produzione industriale dopo la pandemia e la normalizzazione della politica monetaria comporteranno un calo dei prezzi, portando l’inflazione media nel 2022 al 6,8%, nel 2023 al 3,5% e nel 2024 al 2,2%; ma se l’incremento dei prezzi persiste a settembre ci adopereremo per un rialzo dei tassi dell’Eurosistema ancora più significativo”, ha detto Lagarde, al termine della riunione. Il Consiglio direttivo della Bce ha inoltre messo fine agli acquisti netti di titoli avviati nel 2015, il famoso quantitative easing, perché, sempre secondo Lagarde, l’ambiente della stabilità finanziaria “è peggiorato” e le banche potrebbero andare incontro “a un rischio di credito moderato”. “La politica macroprudenziale resta la nostra prima arma di difesa contro le vulnerabilità”, ha concluso la presidente.

Inflazione e tassi d’interesse: perché sono collegati

Quando parliamo di “tassi di interesse” intendiamo le percentuali con cui le banche centrali prestano denaro alle altre banche. Se queste salgono, allo stesso tempo aumenta il costo del denaro, gli investimenti diventano più rischiosi e le persone sono meno portate a farne. Questo dovrebbe generare l’immobilità nel sistema economico di un Paese, stabilizzando progressivamente anche l’inflazione. Il problema inverso infatti si presenta quando il costo del denaro è molto basso. In questo caso, chiedere prestiti e fare investimenti diventa più vantaggioso per i risparmiatori che sono spinti a spendere e far circolare liquidità, alimentando il caro-prezzi e la progressiva diminuzione del potere di acquisto (ovvero il valore) della moneta circolante. Quindi, nel momento in cui il dato inflativo è molto alto, con lo stesso importo si potrà acquistare meno merce.

Le conseguenze sulla vita dei risparmiatori italiani

Al di là della pura teoria economica, l’inflazione e la decisione della Bce avranno ricadute concrete sul quotidiano dei consumatori. Intanto, come già detto, con l’aumento del costo dei beni, le famiglie e le imprese saranno portate a ridurre i consumi e a dare un deciso taglio alle spese ritenute superflue. La pandemia continua a far sentire i suoi effetti sulle abitudini d’acquisto degli italiani: l’Istat ha registrato un notevole miglioramento dei consumi nel 2021, che tuttavia non sono riusciti a raggiungere i livelli pre-Covid. L’incremento del 4,7% rispetto al 2020 si è infatti ridotto all’2,8% considerando lʼaumento dellʼinflazione, e quindi non è riuscito ad eguagliare o superare il +4,8% del 2019.

L’aumento dei tassi d’interesse invece avrà conseguenze dirette su mutui e finanziamenti. Chi per acquistare casa o finanziare una qualsiasi altra attività ha chiesto in prestito del denaro alla propria banca con tasso variabile, dovrà prepararsi a veder aumentare la rateizzazione dei pagamenti, visto che sono in una relazione di stretta dipendenza con i tassi imposti dalla Bce. In concreto, per restituire un finanziamento avviato un anno fa per 200mila euro a 20 anni all’1%, a partire da luglio la rateizzazione imposta dalla banca passerà da 920 a 959 euro, a causa dell’aumento dello 0,25% dell’Euribor (parametro di riferimento che le banche utilizzano per decidere quale tasso applicare alle rate dei mutui e dei finanziamenti a tasso variabile). Questo incremento invece non toccherà chi avrà scelto l’opzione del finanziamento a tasso fisso perché le condizioni accordate al momento della stipula del contratto non varieranno in alcun modo. L’aumento dell’inflazione e dei tassi d’interesse influisce, seppur in maniera indiretta, anche sull’andamento delle Borse, condizionando il comportamento dei mercati finanziari.

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