State facendo le vacanze in montagna o ne avete pianificata una? Avete fatto la scelta giusta. Perché camminare e vivere sui monti è un toccasana per la nostra salute. Camminare nei boschi produce endorfine e ci rende felici, almeno per quella piccola frazione di vita in cui pratichiamo attività motoria. 

Ma recenti studi si spingono oltre. Una ricerca condotta dall’Altitude Reserach Center e citata da Science ha provato come pochi giorni in alta quota siano un ottimo modo per migliorare la qualità dei globuli rossi incrementando la loro attitudine a trattenere l’ossigeno e a trasportarlo ai tessuti. La ricerca svolta dalla University of Colorado prende in esame i cambiamenti nel sangue che avvengono quando saliamo in montagna, dimostrando che durano nel tempo, di fatto migliorando le nostre condizioni di salute. Tanto da poter dire che bastano pochi giorni in quota e il nostro corpo sta meglio.

I globuli rossi si potenziano

Sono proprio le credenze popolari attorno alla montagna ad aver spinto il centro americano ad approfondire questo tema. Infatti una delle più diffuse convinzioni dei popoli di montagna è che l’alta quota «purifichi» il sangue che, tradotto scientificamente, significa che l’alta montagna provoca una eritropoiesi accelerata, ovvero aiuta la rigenerazione dei globuli rossi nel sangue. Credenze che volevano spiegare la capacità di adattamento all’alta quota che contraddistingue gli alpinisti che compiono sforzi immani nonostante un ridotto apporto di ossigeno all’organismo. Per diversi anni si è pensato che il merito di questa resistenza fosse da ricercare nella rigenerazione dei globuli rossi che permettevano di mantenere alte le performance degli alpinisti nonostante la scarsa quantità di ossigeno in quota. In pratica si era sempre sostenuto che ad altitudini elevate il corpo venga spinto a produrre nuovi globuli rossi più «potenti», cioè in grado di fornire più ossigeno ai muscoli. 

La ricerca dell’Altitude Research Center

Lo studio americano invece dimostra una cosa diversa, e cioè che il processo di cambiamento strutturale dei globuli rossi è più complesso di quello che si pensava. In pratica in alta montagna i globuli rossi non cambiano, ma si migliorano. Per comprendere meglio questo fenomeno e i cambiamenti cui è sottoposto il nostro organismo ad alta quota, i ricercatori dell’ARC hanno selezionato 21 volontari e li hanno portati a 5260 metri di altitudine nelle montagne della Bolivia, sul massiccio della Chacaltaya, per monitorare quotidianamente ogni cambiamento nel loro sangue. Dopo una settimana di permanenza in quota i volontari sono stati ricondotti a bassa quota per monitorare lo stato del sangue e, in particolare, dei globuli rossi. I test scientifici hanno dimostrato come non ci sia stata una vera e propria rigenerazione dei globuli rossi. Non si misuravano incrementi nel numero di globuli prodotti ma i globuli rossi in realtà ad alta quota migliorano le loro funzionalità, diventando più performanti. 

In pratica più si sale in quota e più riescono ad incrementare la propria capacità di trattenere e trasportare l’ossigeno. In parole povere, dopo alcuni giorni in alta quota i volontari avevano sangue non nuovo, ma migliore. Per completare lo studio era necessario comprendere se questi mutamenti avessero effettivamente un’influenza diretta nella resistenza e nell’adattamento alla montagna. Proprio per questa ragione, dopo una settimana, il medesimo gruppo venne riportato in cima al monte boliviano, la seconda ascensione si rivelò decisamente meno faticosa e più agile. Come se fossero diventati più bravi, o più allenati.

La scoperta del processo di mutamento dei globuli spiega perché ci basta poco tempo per adeguarci alle condizioni in quota e suggerisce come la montagna rafforzi il nostro corpo e le sue capacità di adattamento. Lo studio ha scientificamente dimostrato una teoria tanto cara e nota agli appassionati di outdoor e montagna: pochi giorni in giro per cime e montagne sono un ottimo strumento per migliorare la nostra salute – mentale e fisica – e la qualità del nostro sangue.

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