(di Stefania Piras) – Torna alle origini Beppe Grillo e si rimette in proprio. Torna in possesso del blog che porta il suo nome dopo tredici anni. Una scissione, una liberazione anzi, così la chiama lui che ormai non aveva più niente a che spartire con un sito che era pura propaganda politica e al posto dei suoi interventi ora ospita le prese di posizioni dei parlamentari che hanno sempre fatto carte false per finire su quelle pagine per poi dire vittoriosi: «Visto? Sono sul blog!». Perché il blog di Grillo era un megafono, come ha detto Luigi Di Maio a Pescara. Ma senza Grillo non sarebbe esistito Di Maio. Grillo lo sa e due anni fa, con affetto sul palco di Italia Cinque Stelle, glielo diceva in faccia: «Quando lo abbiamo raccolto sembrava Bassolino!». Il nuovo sito di Beppe Grillo è gestito dall’agenzia romana Happy Grafic, diretta da Caterina Monti. Nel core business ci sono anche alcune delle priorità della Casaleggio Associati come l’e-commerce. Grillo, insomma ha cambiato fornitore o “gestore del sito” come era definito in modo drammatico e volutamente spersonalizzato nel penultimo regolamento votato online dagli iscritti delM5S. Grillo scrive che ormai è stufo delle «opinioni», del chiacchiericcio politico che nulla ha di visionario. E ce l’ha anche con i suoi parlamentari che usano e abusano del politichese ormai. Ce l’ha con chi parla di convergenze, ce l’ha con «questi che parlano di pauperismo e di giustizialismo, di abbassare le tasse…», che sembra perfino una frecciata a una delle slide di Di Maio intitolata “Meno tasse”. A Grillo il politichese non interessa, si dice in cerca di «sogni», di «follie».

«Non è un parricidio», si affretta a precisare Di Maio ospite di Porta a Porta. Il candidato premier del Movimento, a pochi giorni dalla scadenza elettorale resta orfano di quel sogno che il 26 gennaio del 2005 avevano stretto insieme Grillo e Casaleggio senior, i padri fondatori. «Ora il Movimento va avanti con le sue gambe. Come era stato detto tante volte» e Beppe «resterà garante e padre nobile». Ma il distacco, in piena campagna elettorale, non può passare inosservato e c’è chi scommette che in questo modo l’ex comico genovese riuscirà a riportare tutto alle origini eliminando le involuzioni o le eresie denunciate a mezza bocca e poi ritrattate sul blog delle stelle come l’immagine del “panda carnivoro” accostata al Movimento che stipula alleanze. I big pentastellati prendono atto senza strapparsi i capelli. «Non mi sento orfano», chiarisce Roberto Fico. «Grillo ha fatto la scissione da Di Maio», sorride Matteo Renzi che tuttavia sul tema delle scissioni non può che ironizzare: «Noi siamo stati i precursori, ma da qualche decennio…».

CIMELIO BERLUSCONIANO Di Maio incassa e va in via Teulada da Bruno Vespa con Lorenzo Fioramonti, l’economista che sarà il riferimento accademico del M5s, un docente di economia politica a Pretoria, dove si occupa di “Innovazione nella Governance e sviluppo sostenibile”. Di Maio porta con sé anche un «cimelio», quel «Contratto con gli italiani» firmato proprio negli studi di Vespa da Silvio Berlusconi. Ed è sfida aperta al Cav: «Noi possiamo realizzare quello che il mio competitor non ha mai mantenuto. Noi abbiamo già dato prova di credibilità». Campagna elettorale aggressiva per l’enfant prodige del M5S chiamato a dirimere ancora le questioni interne alle parlamentarie. Non sono ancora stati pubblicati i numeri e i voti racimolati dai candidati. C’è malumore forte perché a Roma è stato seguito il criterio della residenzialità e a Milano no. C’è polemica perché Elio Lannutti, il nome forte portato in gloria dai vertici M5S paga il passato nell’Idv e secondo le regole non poteva candidarsi. Così come un altro romano, Francesco Silvestri ,che nel 2010 alle regionali era candidato con una lista civica. Il candidato premier dice che «entro la settimana» svelerà i numeri dei click. E promette di abbassare le tasse: via l’Irap alle piccolissime imprese, quelle che hanno fino a 5 dipendenti. E giù l’Irpef per tutti. Promette di non fare alleanze e ribadisce di non voler aprire trattative con nessun partito prima che si conoscano i risultati elettorali. Anche se ciò, afferma, potrebbe avvantaggiare il Movimento. «Se io oggi chiamassi Berlusconi e gli dicessi alleiamoci forse smetterebbe di parlare di noi come di una setta». (Il Gazzettino)