il covid in europa e in italia

La minaccia arriva non solo dall’importazione del virus dall’estero, ma dall’emergere di nuovi focolai «autoctoni» con catene di contagio che nascono in famiglia e con i giovani come veicoli principali

di Marzio Bartoloni

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(EPA)

La minaccia arriva non solo dall’importazione del virus dall’estero, ma dall’emergere di nuovi focolai «autoctoni» con catene di contagio che nascono in famiglia e con i giovani come veicoli principali

3′ di lettura

Il virus è pronto a rialzare la testa anche in Italia. Dopo averlo fatto vicino a noi – dalla Spagna alla Francia dove si superano i mille casi o alla Germania con quasi 700 nuovi contagi – le prime avvisaglie si vedono anche nel nostro Paese dove si accendano continuamente focolai in tutte le Regioni: se ne contano oltre cento nuovi a settimana , in tutto in Italia ce ne sono 655 attivi. Con la minaccia che non arriva solo dall’importazione del virus dall’estero in particolare dall’est Europa, ma dall’emergere di nuovi focolai «autoctoni» con catene di contagio che nascono in famiglia e con i giovani, alle prese con una vita sociale intensa nel pieno dell’estate, che diventano in questa fase i veicoli più importanti del virus

I focolai in crescita in tutta Italia

Da giorni i nuovi casi si aggirano tra i 200-300 al giorno. La certezza oggi è che il traguardo dei contagi zero ormai è solo un miraggio, anzi ora il rischio è che l’allarme rosso suoni nel nostro Paese anche prima dell’autunno quando si paventava l’arrivo di una seconda ondata del Covid. Guardando alle ultime settimane secondo gli ultimi tre monitoraggi integrali (quelli non pubblici) ministero Salute-Iss i focolai di Covid-19 sono in costante aumento: 99 nella settimana di monitoraggio 29 giugno-5 luglio, poi 109 focolai nella settimana successiva e infine 120 nell’ultima monitorata (13-19 luglio). Numeri questi che visti i tempi di incubazione del Covid (2-3 settimane) fanno presagire un peggioramento per le prossime settimane quando si vedranno ancora di più gli effetti della intensa vita sociale estiva, in spiaggia e la sera.

Il campanello d’allarme dei ricoveri in leggera ripresa

Anche l’ultimo monitoraggio della Fondazione Gimbe conferma questo trend: nella settimana 22-28 luglio, rispetto alla precedente, c’è stato un incremento del 23,3% dei nuovi casi (1.736 contro 1.408), a fronte di un lieve aumento del numero di tamponi diagnostici. Relativamente ai dati ospedalieri, se i pazienti in terapia intensiva diminuiscono (40 contro 49), quelli ricoverati con sintomi sono in lieve aumento (749 contro 732). Si tratta per la prima di un’inversione di tendenza nel trend dei pazienti ospedalizzati con sintomi, che era in costante discesa da inizio aprile. Un dato quest’ultimo che suona come un primo campanello d’allarme perché potrebbe significare anche una maggiore carica virale del Covid. «Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – due spie rosse confermano la necessità di mantenere alta la guardia, senza allarmismi ma con senso di grande responsabilità individuale e collettiva».

I virologi: ora non abbassare la guardia

«Le condizioni per una ripresa intensa della circolazione del virus ci sono tutte: innanzitutto nel mondo è in corso una pandemia con numeri sempre più in crescita anche in Paesi con cui abbiamo intensi rapporti, ma poi cominciano ad emergere focolai autoctoni, locali, non legati a screening e contagi in arrivo dall’estero», avverte l’epidemiologo Pierluigi Lopalco. Che lavora nella task foce della Puglia dove «dopo settimane di contagi quasi zero aumentano i casi e si vedono di nuovo pazienti sintomatici, con febbre che prima non vedevamo quasi più». Anche Luca Richeldi pneumologo al Gemelli di Roma e membro del Cts invita a non abbassare la guardia guardando proprio a quello che capita in molti Paesi: «Se prima eravamo l’epicentro in Europa ora siamo uno dei Paesi che a livello epidemiologico è messo in condizioni migliori perché abbiamo fatto un lockdown rigoroso e non abbiamo riaperto le scuole in anticipo». Ma il rischio di prendere la strada di altri Paesi come la Spagna c’è, «possiamo evitarlo se continuiamo a tracciare e isolare . Ecco forse ora siamo meno aggressivi con il numero dei tamponi. Ne andrebbero fatti di più».



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