ROMA L’obiettivo dei carabinieri del Noe era quello di «arrestare Tiziano Renzi». È il capitano Gianpaolo Scafarto a spiegarlo ai suoi sottoposti il 3 gennaio scorso, sei giorni prima di consegnare ai magistrati romani l’informativa contraffatta. E pur avendo già scoperto che non era stato l’imprenditore Alfredo Romeo a incontrare Tiziano Renzi.

Sono le chat su WhatsApp ritrovate nel suo telefonino dai carabinieri del reparto operativo guidati dal generale Antonio De Vita a svelare altri retroscena clamorosi dell’inchiesta Consip. Un fascicolo che ha tra gli indagati persone vicine all’ex premier Matteo Renzi — da suo padre Tiziano, all’ex sottosegretario ora ministro dello Sport Luca Lotti — e sta provocando un terremoto nell’Arma. Si scopre infatti che pur di individuare le «talpe» del comando generale che avrebbero avvisato proprio i vertici Consip dell’indagine in corso, Scafarto aveva concordato con il vicecomandante Alessandro Sessa — ora indagato per depistaggio — di piazzare microspie nell’ufficio del comandante generale Tullio Del Sette e del capo di Stato Maggiore Gaetano Maruccia. Un’attività pianificata con i pm napoletani che però poi non fu concretizzata.

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