Fuoco sacro è la biografia collettiva di un orgoglio nazionale. Quella dell’Italia è una storia fondata sui vigili del fuoco. Il nostro è il territorio di un paese fragile, sempre sul punto di sbriciolarsi, crollare o essere sommerso. Ogni volta che questo è accaduto, nelle immagini in bianco e nero come in quelle a colori ci sono sempre stati i pompieri in primo piano, ogni volta protagonisti in storie che all’inizio non erano la loro e che in quel momento lo sono diventate. Per questo motivo è prezioso Fuoco sacro, un bel documentario presentato con una proiezione speciale fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia, un manifesto dell’orgoglio pompiere, pensato e diretto da un regista-vigile del fuoco, Antonio Maria Castaldo, che nel 2018 ha ottenuto una menzione speciale ai Nastri d’Argento Doc 2018 con il film Metti, una sera a cena con Peppino, sulla figura di Giuseppe Patroni Griffi. 

Fuoco sacro vuole raccontare l’anima dei pompieri italiani, per farlo non può che ripercorrerne la lunga storia di interventi sul campo. Il documentario è stato prodotto dalla Direzione per la prevenzione e la sicurezza tecnica dei Vigili del Fuoco insieme a Istituto Luce Cinecittà, Rai Teche e CoEM. Si tratta quindi di un viaggio da un filmato d’archivio all’altro, con la voce narrante del regista a contestualizzare, mettere insieme i pezzi, ricostruire e spiegare cosa ha aggiunto quel singolo episodio alla storia dei vigili del fuoco e cosa hanno dato i vigili del fuoco all’Italia, catastrofe dopo catastrofe. Si parte dal disastro del Vajont, nel 1963, dove i pompieri costruirono con le loro mani anche le bare degli oltre 1900 morti per la frana del monte Toc. C’è il terremoto in Friuli nel 1976, che ci porta anche uno dei documenti più curiosi del film: un ragazzino di Tricesimo stava riversando l’audio di Wish You Were Here dei Pink Floyd su una cassetta, quando la terra tremò, così a Shine On You Crazy Diamond subentra la voce del sisma, che entrò nelle vite dei friulani qualunque cosa stessero facendo in quel momento. Anche questa è la storia della fragilità d’Italia e di come i pompieri hanno provato a rattopparla.

È un eroismo umano e pragmatico quello dei vigili del fuoco. Castaldo racconta bene anche il riconoscimento della paura come elemento fondante del loro lavoro. «Non sai mai cosa ci sarà dietro quella porta», una paura che può essere attenuata e diluita solo nella condivisione del lavoro di squadra. E sono tantissime le porte che i pompieri hanno sfondato, trovandoci dietro pezzi di storia nazionale. L’incendio del cinema Statuto di Torino nel 1983, mentre si proiettava il film La capra. Morirono in 64, quell’episodio cambiò per sempre le norme antincendio in Italia, le nuove regole del fuoco, che però non poterono impedire che le cose andassero comunque a fuoco. Come quando bruciò il Teatro La Fenice di Venezia, «e le fiamme si vedevano fino a Treviso». C’è il terremoto dell’Aquila, il disastro ferroviario di Viareggio, il naufragio della Costa Concordia, sulla quale i vigili del fuoco del fuoco furono gli unici a salire senza una exit strategy.

E poi ci sono le volte che non si fa nemmeno in tempo ad avere paura, e l’ignoto si condensa e cattura i pompieri stessi. Come nel 2001 a Roma, in via Ventotene, quando i vigili del fuoco arrivarono per far evacuare un palazzo durante una fuga di gas. Non fecero in tempo a capire cosa stesse succedendo che venne giù tutto. Morirono otto persone, tra loro quattro erano pompieri. C’è qualcosa nel loro spirito che si coglie bene negli ultimi due capitoli della biografia collettiva raccontata da Fuoco Sacro. Il primo è la valanga di Rigopiano, «che insegna a non arrendersi mai, perché potrebbe esserci sempre un miracolo in arrivo», e miracolo fu, gli ultimi superstiti furono estratti 58 ore dopo l’incidente. E il crollo del Ponte Morandi, nel dolore dei funerali ci fu un fragoroso applauso quando nel capannone entrarono loro, perché in Italia ci si può dividere sulle colpe e le responsabilità di tutti, ma non sui vigili del fuoco.

È anche merito loro che in Italia siamo primi al mondo per minor numero di vittime da fuoco in rapporto al totale della popolazione. Gli interventi sono oltre 900mila ogni anno. Ma Fuoco sacro racconta bene, attraverso la voce di tutti i vigili del fuoco intervistati, che c’è una verità che va oltre questi numeri e questi dati. Per i pompieri non è solo una questione di salvare vite, che sarebbe già obiettivamente abbastanza, ma anche essere parte della ricostruzione, della gestione della sofferenza delle persone nel momento più difficile della loro vita. Come la definisce uno dei protagonisti, «questa è la vocazione sociale, umana, emozionale» del vigili del fuoco. 



Source link