In Italia, come nel resto del mondo, si può scegliere di sottoscrivere un impegno con una delle realtà che hanno l’autorizzazione ad accogliere i corpi post mortem e utilizzarli per scopi scientifici. La responsabile della struttura dell’Università di Bologna ci ha spiegato come funziona nel nostro Paese.

Donare il corpo e i tessuti alla scienza è prima di tutto una scelta. Ad alcuni può sembrare ancora oggi un’aberrazione e in effetti in Italia se ne parla poco. Basti pensare che è solo grazie all’entrata in vigore della legge 10/2020 che disciplina la materia, che oggi un soggetto può decidere le sorti del proprio corpo dopo la morte e, in particolar modo, può scegliere se donarlo alla ricerca scientifica.

Come funziona la donazione

L’atto di disposizione del proprio corpo o dei tessuti post mortem avviene mediante una dichiarazione di consenso consegnata all’azienda sanitaria di appartenenza cui spetta l’obbligo di conservarla e di trasmetterne telematicamente i contenuti informativi alla banca dati nazionale. Il disponente, specifica la legge, deve indicare una persona di fiducia cui spetta l’onere di comunicare l’esistenza del consenso specifico al medico che accerta il decesso.

Il ruolo sociale di una scelta personale

Il consenso alla donazione è una scelta personale ma anche una sorta di ‘investimento’ per la collettività. Avere corpi da studiare, infatti, rappresenta il primo passo per la formazione degli studenti delle facoltà di Medicina e per l’avanzamento di studi dei centri di ricerca del nostro Paese. Non è una novità, e gli straordinari studi compiuti da Leonardo Da Vinci ne sono un esempio ancora oggi sotto gli occhi di tutti.

I centri in Italia

La legge del 2020 indica, inoltre, quali sono in Italia i centri identificati finora per la conservazione e l’utilizzazione dei corpi. Sono in tutto undici e dislocati sul territorio nazionale:

  • I.R.C.C.S. Multimedica

  • I.R.C.C.S. Istituto neurologico mediterraneo Neuromed

  • Sapienza Università di Roma

  • Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

  • Università degli studi di Padova

  • Azienda ospedaliero universitaria di Sassari

  • Università degli studi di Messina

  • Humanitas University

  • Università degli studi di Palermo

  • Università degli studi di Brescia

  • I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato

La legge prevede che i corpi donati vengano comunque riconsegnati ai cari in condizioni dignitose entro un anno. Inoltre, “gli oneri per il trasporto del corpo dal momento del decesso fino alla sua restituzione, le spese relative alla tumulazione, nonché le spese per l’eventuale cremazione sono a carico dei centri di riferimento”.

L’esempio di Bologna

“Noi a Bologna ci siamo avvicinati da tempo a questa pratica, abbiamo avuto un maestro di anatomia convinto del fatto che lo studio anatomico dovesse essere fatto su quello che noi chiamiamo paziente anche se è un cadavere“, afferma la professoressa Lucia Manzoli, responsabile del programma di donazione a Unibo. “Siamo partiti una decina di anni fa, abbiamo dovuto sensibilizzare il nostro ateneo, costruire una sala che è a tutti gli effetti operatoria, costruita seguendo l’ordinamento vigente e quindi abbiamo attivato un programma per la donazione del corpo”.

“Il cadavere è una persona che in vita decide di fare questa scelta per il miglioramento della formazione dei medici e per il bene della collettività. Il nostro programma, fino all’entrata in vigore della legge 2020, era gestito direttamente dal nostro centro anatomico ed era più semplice per i donatori conoscere le modalità con cui compiere questa scelta: ci riferivamo a un decreto regio del ’33 e al regolamento della polizia mortuaria degli anni 90″, spiega.

“Abbiamo creato un registro a Bologna che conta circa 450 donatori in sei anni di attività (il centro è aperto da dieci anni, ma c’è stato un lungo stop causa Covid, ndr)”. Dall’ elaborazione dei dati dell’ateneo di Bologna è emerso, ad esempio, che la maggior parte dei donatori è donna: “Diciamo pure che le donne mostrano una maggiore sensibilità su questi temi”, commenta. “La legge, che copre un vuoto normativo, vuole disciplinare su scala nazionale la donazione del corpo. Ci vorrà un po’ di tempo perché la procedura non è immediata come era prima, ma soprattutto perché bisogna creare una coscienza, informare sulla possibilità di questo gesto e creare una cultura della donazione che in Italia non c’è”.

Oggi la donazione è più complessa rispetto a un tempo, ma secondo la professoressa Manzoli questo era inevitabile: “Basta pensare che fino a che non si era espresso il Comitato di bioetica nazionale nel 2013, agli istituti di anatomia era possibile ricevere corpi di persone che non avevano dato un consenso ma che non erano stati reclamati da nessuno. Oggi naturalmente è necessario il consenso che può essere revocato in qualunque momento”. Esiste una banca dati di disposizione anticipata dei trattamenti, ma non ce n’è ancora una ad hoc per la sola donazione del corpo. Perciò a Bologna, Università, Asl e Comune stanno creando un percorso semplificato “che consenta ai cittadini di capire dove dirigersi per completare l’iter: dovremmo riuscire a farcela entro un mese. Finché non si fa una vera campagna informativa è importante che se ne parli, in questo il giornalismo ci è di grande aiuto”, specifica Manzoli.

“All’estero viene ritenuta una cosa più naturale”

Manzoli sostiene che non sia semplice fare una stima mondiale dei donatori, “ma posso dire che in altri centri anatomici come Inghilterra, Usa, Galles, Austria, ho visto una disponibilità maggiore perché è un qualcosa che viene ritenuto più naturale che da noi. In Italia più che altro c’è disinformazione, c’è una remora culturale all’idea di mettere a disposizione il corpo. Avere un corpo vero, un paziente vero, è un qualcosa che fa parte della formazione continua del medico e devo dire che da parte nostra c’è assoluto rispetto di queste persone che per noi sono pazienti”.

E ancora: “Siamo consapevoli che una elaborazione del lutto che viene differita può essere un problema, ma dobbiamo far cadere i tabù. La dissezione non è un’autopsia cruenta ma mira anche a conservare al massimo il corpo perché si deve simulare la situazione di un paziente in vita. Trascorso il periodo di 12 mesi, il cadavere viene prelevato dal centro e consegnato, nel nostro caso, al polo crematorio di Bologna salvo diverse disposizioni della persona. Tutte le spese sono a carico del centro di riferimento”.

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