Il ministro degli Esteri ha annunciato in conferenza stampa il suo addio al partito, dopo lo scontro con il leader Giuseppe Conte sull’invio di armi all’Ucraina e le polemiche sulla disfatta del Movimento alle Amministrative.

“È una scelta sofferta che mai avrei immaginato di dover fare: io e tanti altri colleghi lasciamo il Movimento 5 stelle, che non sarà più la prima forza politica in parlamento”. Con queste parole, l’ormai ex pentastellato e titolare della Farnesina ha annunciato la fuoriuscita dal Movimento 5 stelle, seguito da oltre 60 parlamentari a lui fedeli. Nelle ultime ore, infatti, una frenetica operazione di ‘arruolamento’ ha portato alla raccolta delle firme necessarie per la creazione di un gruppo autonomo alla Camera, che conterebbe – secondo le ultime indiscrezioni – 51 deputati, e di una componente del misto al Senato, composta da 11 parlamentari.

“Gli ultimi tre anni hanno cambiato il nostro Paese e hanno costretto la politica a scelte chiare: pandemia e guerra hanno richiamato alla responsabilità tutti i partiti” ha dichiarato Di Maio. “Chi propone soluzioni semplici a problemi complessi si allontana dalla realtà. Come Movimento non siamo riusciti a cambiare, ci siamo ancorati a vecchi modelli, quando era necessario saper ascoltare le critiche. In questi giorni alcuni di noi sono stati messi di fronte a un bivio: scegliere fra le posizioni del partito e la statura e la credibilità dell’Italia: noi non abbiamo avuto dubbi da che parte stare”, ha poi aggiunto il titolare della Farnesina riferendosi ai parlamentari ex grillini seduti nelle prime file della saletta dell’Hotel Bernini di Roma, dove si è tenuta la conferenza stampa.

Sul futuro, Di Maio ha tenuto a specificare che “nessuno ha intenzione di creare una forza politica personale. Ci mettiamo in cammino, partendo dagli amministratori locali. Dovrà essere un’onda con al centro le esigenze territoriali. Non ci sarà spazio per l’odio, il populismo, sovranisti ed estremismi”.

Le reazioni

Ancora prima che la notizia diventasse ufficiale, l’ex grillino Alessandro Di Battista aveva detto la sua via social: “Della nuova scissione del Movimento 5 stelle (ricordo che ne avvenne già una dopo l’ok al governo Draghi) e della nascita del nuovo gruppo ‘atlantisti e europeisti’ o ‘moderati e liberali’, non mi importa nulla. […] Un movimento nato per non governare con nessuno – prosegue – ha il diritto di evolversi e governare con qualcuno (mantenendo, ovviamente, la maggioranza nel Consiglio dei ministri) per portare a casa risultati. Non ha alcun diritto di governare con tutti per portare a casa comode poltrone. Si chiama ignobile tradimento. Non senso di responsabilità. Forse adesso, e soltanto adesso, alcuni attivisti del Movimento stanno comprendendo le ragioni delle mie scelte passate (e anche di quel che dicevo in passato)”.

“Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti. Deponga le armi di distrazione di massa e parli con onestà”. È quanto invece si legge in un passaggio dell’ultimo post del garante del M5s Beppe Grillo sul suo blog. Un commento che evita di tirare in ballo i due attori in gioco, ma che è stato letto dai più come un messaggio di addio a Di Maio e di sostegno all’attuale leader Conte.

Il terremoto che ha investito il Movimento, però, sta creando timori anche al di fuori del partito. Con Di Maio fuori dalla compagine, ma fermo al suo posto come ministro degli Esteri, il rischio che il M5s esca dalla maggioranza si fa infatti sempre più concreto, con evidenti conseguenze sulla tenuta dell’esecutivo stesso.

Sul ruolo del titolare della Farnesina alla luce dei nuovi equilibri si è espresso il leader leghista Matteo Salvini che, uscendo da Palazzo Madama dopo il voto sulla risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del premier Mario Draghi in Senato in vista del Consiglio europeo, ha dhicarato: “Io sono preoccupato per la situazione economica, non per le beghe nei 5 stelle, ma se qualcuno rimane nel governo senza rappresentare nessuno, un problema ci sarà. Nel senso, a nome di chi va in giro per il mondo il ministro degli Esteri? Non ho capito chi rappresenta chi”.

Il vicepresidente del Senato e tra i fondatori di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa è convinto che la mossa del ministro degli Esteri sia un duro colpo innanzitutto per l’universo grillino ma anche per il governo Draghi e che ne trarrà vantaggio il centrodestra alle politiche del 2023. “Vedremo il principale partito, M5S, che già perdeva pezzi, spaccarsi ulteriormente e questo destabilizzerà l’intero quadro di sostegno a Draghi. A questo punto – spiega all’Adnkronos l’ex ministro della Difesa- tenuto conto della posizione della Lega e delle difficoltà in casa di Forza Italia, non so se il governo resisterebbe senza la paura matta che alberga un po’ in tutti per le elezioni. Al resto e a giudicare -assicura La Russa con una battuta- ci penseranno gli elettori e non sarà certo un giudizio a cinque stelle”.

Dalle pagine del Corriere della Sera, Il deputato del Pd Francesco Boccia, questa mattina lanciava intanto un appello all’unità, scartando l’ipotesi di un eventuale appoggio esterno all’esecutivo: “Abbiamo assunto un impegno tutti insieme nel 2021. Nessuno di noi ha fatto i salti di gioia a sostenere un governo con il centrodestra dentro, ma quella era la condizione posta dal presidente Sergio Mattarella nell’interesse del Paese. In questo snodo delicatissimo, dopo la pandemia e con una guerra in corso, servono un’Italia e un’Europa forte per completare l’uscita dalla crisi internazionale”.

Sul tema, in mattinata, era intervenuto anche  il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, augurandosi “che prevalga il senso di responsabilità, dividersi oggi sulla politica estera è una danno per il Paese, deve prevalere la responsabilità con un guerra in corso nel cuore dell’Europa. In questo momento serve unità“.

Non si è mostrato invece preoccupato Carlo Calenda, leader di Azione: “Per chi non è mai sceso a patti con i 5S, non ci ha mai fatto un governo politico, rinunciando anche a cariche e ruoli, ha sempre messo in guardia il Paese sulla loro inconsistenza, oggi è una bella giornata. La dissoluzione del nulla. Giriamo pagina”.

Simile il tono usato dal segretario di Italia Viva, Matteo Renzi, che invita a “non parlare più” del Movimento 5 stelle.

Le ragioni della crisi

A scatenare le aspre polemiche delle ultime settimane fra l’ex capo politico del Movimento e il suo attuale leader sono state soprattutto le posizioni critiche di Conte sul conflitto in Ucraina e, in particolare, sul ruolo dell’Italia nell’invio di armi a Kiev. A questo dibattito interno al partito, si è poi aggiunto l’attacco non troppo velato di Di Maio nei confronti dell’ex premier dopo i pessimi risultati del Movimento alle elezioni amministrative.

Diversi analisti, però, sottolineano come da diverso tempo ormai le posizioni dei due esponenti siano divergenti anche su un piano politico più ampio: se da un lato Di Maio si è mostrato in più occasioni promotore delle istanze dell’ala destra del partito, da quando è diventato leader del Movimento, Conte ha sposato una linea opposta e più vicina alle istanze del Movimento ‘delle origini’.

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