Le serie e i documentari sul rap sono una delle cose belle su Netflix. Per questo, uscito sulla piattaforma quel progetto Dark Polo Gang – la serie nato per TimVision due inverni fa e appurato che è da giorni in top10, ci si butta un occhio. 

Il momento in cui abbiamo scoperto un po’ tutti questo tipo di prodotto è stato quando all’accensione di Netflix in Italia è arrivato The Get Down, insieme a tante belle speranze purtroppo mal riposte sul fare del trend musicale più forte anche un super racconto seriale (e per opera dell’autore di Moulin Rouge!, regista dallo stile personalissimo). 
Alla serie di fiction, ne era abbinata una di taglio documentaristico che ci portava nella New York tra i 70 e gli 80, culla di tutto il genere (Hip Hop Evolution), ma oggi si può spaziare da Travis Scott – Look mum i can fly a Lil Pee – Everyboy’s everithing fino all’italianissimo Numero Zero, approdato sulla piattaforma dal Biografilm festival.  

Avvicinandosi a Dark Polo Gang – la serie, però, per chi ha più di 20-25 anni, è più facile che ritorni in mente piuttosto il docu-reality 2012 di MTV Club Prive’ – Ti Presento I Dogo. E in effetti, l’incipit e il mood sembra proprio quello (probabilmente senza che sia davvero stato un’ispirazione) quando inizi il primo episodio, ma poi… Niente, manca di autenticità e la prima puntata non decolla. Non per chi abbia visto quel primo tentativo (per la tv italiana) di racconto rap tra il divertito, lo sbruffone, l’autocelebrativo e il generazionale. 

Nei filmati dei non più ragazzi del Club Dogo c’era una freschezza che qui non si coglie. 
Forse perché oggi la vera freschezza passa più dai social (TikTok, Instagram, etc) che da questo tipo di racconto, a meno di non farlo come un vero e proprio documentario (come accade in certe lunghe interviste di Noisey). 

Proprio nel primo episodio le telecamere riprendono la Dark Polo Gang intenta a realizzare proprio boomerang, stories, lanci di challenge, e l’impressione che lascia la cosa, più che di backstage esclusivo è che il vero divertimento sia altrove, proprio nelle originali clip social. Insomma, si perde la magia, bicth (riprendendo il tono con cui l’appellativo bitch torna così ossessivamente da venire presto a noia e saturazione). 

Con il primo, vecchio esperimento non capitava nulla del genere e forse dipende proprio anche dal momento storico diverso. Forse no.

Giusto un’impressione di chi vi scrive?  Io prometto di dare al nuovo titolo una seconda chance e di riprendere presto la visione. Voi, intanto, provate a recuperare l’ “originale” googlando la ricerca “serie tv mtv club dogo” e rivedetevi una puntata di Club Prive’ – Ti Presento I Dogo (o tutte, visto che la serie è ancora disponibile quasi nella sua interezza nei vecchi archivi di una vecchia release del sito MTV e sarebbe una buona idea renderla visibile anche in quella attuale). 

Per qualcosa di più recente, si può sempre andare su youtube e vedere Club Dogo – Dogo In LA, diretto da Marco Salom, risalente al 2014 e liberato dalla crew in pieno lockdown all’interno dell’iniziativa Island Presents incentrata sulla condivisione di rarità e inediti relativi ad artisti legati all’etichetta.

Fatemi sapere.



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