Il bonus di 500 euro per l’aggiornamento professionale potrebbe vivere l’ultimo anno di vita. La legge 79/2022 approvata a giugno prevede di finanziare le novità introdotte dal governo Draghi, tagliando lo stanziamento di 381 milioni di euro. Ecco cosa potrà accadere.

La tanto odiata Buona Scuola, la riforma 107/2015 del governo Renzi, una cosa davvero buona l’aveva fatta: 500 euro all’anno per ogni insegnante da utilizzare per aggiornamento professionale, hardware, libri, cultura. Una serie di attività e vantaggi cui un insegnante medio forse, dovendo pagare di tasca propria, rinuncerebbe senza non pochi danni per la didattica. Eppure, la Carta del docente potrebbe proprio avviarsi verso la pensione per mancanza dei fondi necessari a copertura.

Dai 381 milioni di Renzi al governo Draghi

Lo stanziamento del dicastero allora guidato da Stefania Giannini prevedeva, per il bonus, un finanziamento di 381 milioni di euro con decorrenza dal 2015. Tra ricorsi dei precari per l’ottenimento della somma e arretrati conquistati con sentenze da altri ancora, il bonus ha resistito fino a oggi ed è stato confermato anche per l’anno scolastico 2022/2023. Lo scorso 30 aprile il decreto-legge 36, poi convertito nella legge 79 del 29 giugno, ha portato a scioperare quasi 200mila persone tra personale docente e Ata. Le richieste della piazza riguardavano, tra le altre cose, proprio la Carta del docente, che rischia di sparire dal prossimo anno a causa di una serie di novità su formazione e reclutamento.

A quanto ammonta il taglio

La decurtazione prevista dalla legge era chiara nel decreto che ha portato alle manifestazioni. Nella Gazzetta ufficiale si legge come 50 milioni sarebbero stati tagliati a partire dal 2023 per poter finanziare le attività di tutoraggio del nuovo percorso di formazione iniziale, ma non solo. Dal 2027 2 milioni di euro per la Scuola di alta formazione dell’istruzione e 44 milioni di euro da destinare alla Formazione in servizio. Un totale di 96 milioni di euro che avrebbero pesato non poco sulla sopravvivenza della Carta. Nel procedimento di conversione in legge, però, il governo guidato da Mario Draghi ha corretto il tiro rinviando il tutto al 2024 e per soli 19 milioni di euro.

La manovra di salvataggio a Palazzo Madama 

Lo scorso giugno, in Senato, le forze politiche hanno mostrato compattezza chiedendo l’approvazione dell’odg che, nei fatti, ha obbligato il governo a trovare le risorse necessarie per la Carta del docente in legge di bilancio a partire dal 2024/2025. “Il Senato – si legge nell’odg – in sede di esame del disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza impegna il governo a individuare differenti coperture per consentire l’integrale mantenimento della cosiddetta “carta del docente” a decorrere dall’anno scolastico 2024-2025“. Aver scongiurato il taglio, però, non mette al sicuro il bonus.

Il taglio ci sarà

Come spiegato da Attilio Varengo, segretario nazionale di Cisl Scuola alla rivista specializzata “Orizzonte Scuola”, la decurtazione ci sarà. “La carta resta, ma i 381 milioni di euro vengono impattati dalla riforma”, ha dichiarato Varengo. Il sindacalista ha spiegato che le novità introdotte da Patrizio Bianchi fanno ricorso “alla card docenti oltre che per la scuola di Alta Formazione, anche per pagare i tutor dei nuovi percorsi abilitanti e, sempre alla carta docenti, vengono addossati i costi per sostenere il sistema di formazione del personale docente”. Nel tempo, secondo Varengo, i 96 milioni di euro parte del stanziamento per la carta verranno comunque tagliati, arrivando a una riduzione “da 500 a circa 350 euro” prima, probabilmente, della sua definitiva scomparsa.

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