Per oltre un milione di italiani la cattedra (fissa o a tempo), resta un obiettivo. La conferma giunge dai numeri diffusi dal ministero dell’Istruzione
di Eugenio Bruno

Per oltre un milione di italiani la cattedra (fissa o a tempo), resta un obiettivo. La conferma giunge dai numeri diffusi dal ministero dell’Istruzione
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Sarà per la crisi che non smette di mordere o per il maxi-effetto annuncio dovuto alla frequenza con cui si parla di assunzioni nella scuola, fatto sta che per oltre un milione di italiani la cattedra (fissa o a tempo), resta un obiettivo. La conferma giunge dai numeri diffusi dal ministero dell’Istruzione: 76mila candidati al concorso ordinario per infanzia e primaria, 430mila a quello per medie e superiori, 753mila iscrizioni alle graduatorie provinciali per le supplenze (Gps). E altri sono attesi oggi quando scadono i termini per la selezione straordinaria riservata ai precari con 3 anni di servizio: al 7 agosto erano 50mila le domande inoltrate e altrettante quelle in giacenza. Platee in parte sovrapponibili e dunque non sommabili in automatico – perché lo stesso aspirante potrebbe, al tempo stesso, aver fatto domanda per il concorso, chiesto l’inserimento nelle Gps e avere già 36 mesi di precariato – ma che testimoniano l’appeal ancora legato, soprattutto al Sud, all’impiego da insegnante.
Il fascino senza tempo della cattedra
L’amore per il posto fisso, specie se a scuola, non è di oggi. Tant’è che l’istruzione è uno dei pochi comparti che – come testimonia anche la relazione della Corte dei conti sul lavoro pubblico 2020 – cresce dal punto di vista numerico: 1,1 milioni di lavoratori nel 2018 (+7,8% sul 2010), pari al 35,3% dell’intera Pa. Se poi consideriamo che il turn-over in cattedra, complici gli esodi legati a quota 100, resta sostenuto il quadro è chiaro. Del resto, appena giovedì scorso la ministra Lucia Azzolina ha annunciato l’ok dell’Economia a 84.808 nuove immissioni in ruolo per i prof (e 11.323 per gli Ata). Si tratta di assunzioni a tempo indeterminato che dovranno coprire i vuoti d’organico e che saranno effettuate per il 50%
dalle graduatorie di merito dei vecchi concorsi e per il 50% dalle Gae a esaurimento.
Considerando che per molte materie, soprattutto al Nord, entrambi gli elenchi sono vuoti molti di quei posti resteranno vacanti. A quel punto si proverà con le “call veloci” volute dalla titolare dell’Istruzione per attrarre prof da altre Regioni. Se anche quest’altro tentativo andrà a vuoto partirà la grande girandola delle supplenze che verranno assegnate prima a vincitori e idonei dei vecchi concorsi, poi alle Gae e infine alle nuove Gps digitalizzate, che sono chiamate al debutto e che hanno registrato 753.750 iscrizioni totali. Tra precari storici, neolaureati e laureandi in Scienze
della formazione.
Il rischio sempre più concreto è che stavolta si arrivi a 250mila incarichi a tempo determinato complessivi. Tenuto conto, da un lato, delle 50mila unità di personale docente (40mila almeno) e Ata (10mila) che arriveranno con i 977 milioni del decreto Rilancio e che verranno distribuiti a settembre per il 50% sulla base del numero degli alunni e per il 50% sulla base delle richieste delle singole scuole alle prese con problemi di spazio. E, dall’altro, di qualche altra migliaia di contratti fino al 30 giugno, sempre in chiave anti-contagio, che verrà stipulato con i 920 milioni stanziati dal Dl Agosto. Per assegnarle in entrambi i casi si attingerà alle graduatorie di istituto sopravvissute solo per gli incarichi brevi e saltuari.