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Quando Ludovico, uno dei volontari dell’associazione, suona con la sua tromba le note del ‘Silenzio’ in memoria del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il ‘Capitano Ultimo’, Sergio De Caprio, non nasconde l’emozione. E uno dei momenti più intensi della commemorazione del generale dei carabinieri ucciso 38 anni fa dalla mafia, che si è svolta questa sera all’Associazione Volontari Capitano Ultimo, a Roma. In questa periferia della città, tra Prenestina e Tor Tre Teste, i volontari dell’uomo che arrestò Toto Riina cercano di “dare dignità, anche attraverso piccoli gesti come offrire un piatto caldo o dare la possibilità di lavarsi a chi non può farlo”, come spiega Ultimo durante il suo discorso: davanti a lui ci sono circa 200 persone che ascoltano le sue parole e la preghiera finale.

Sul palco anche mazzi di girasoli, che erano i fiori preferiti del generale. “Per noi ricordare il generale Dalla Chiesa vuol dire ricordare un modo di essere carabiniere in mezzo alla gente disperata – dice il Capitano Ultimo all’AdnKronos – un modo di combattere l’abbandono delle persone, ma anche l’abbandono dei carabinieri. Contrapporre a un modo di essere carabiniere, basato sulla carriere e sugli arresti, un altro in cui ci si dona agli altri senza chiedere nulla per sé”.

“Dalla Chiesa ci ha insegnato che la forza dei carabinieri è la fratellanza, una fratellanza così salda che davanti a qualunque situazione ti consente di rimanere al tuo posto, di non scappare. Di sapere che se uno cade c’è un altro che lo sostituirà con lo stesso impegno, senza cercare una carriera da dominatore, ma con lo stesso orgoglio di avere servito la sua patria”, continua Ultimo. Un modo di essere carabiniere al servizio della comunità che De Caprio ritrova nell’attività della sua associazione: “Parlare di amore, di fratellanza e di uguaglianza non deve essere un esercizio e non deve essere un tema usato da una fazione per dominarne un’altra. Si praticano sulla strada donandosi, con un mutuo soccorso povero, fatto da gente umile, che dà la possibilità di mangiare un piatto di pasta o di lavarsi a chi non può farlo. Questo è dare dignità, dobbiamo sostituire il mondo delle fazioni e degli Stati con il mondo delle comunità e delle famiglie”.









Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa