La casetta isolata in cui scrive, le cene con Italo Calvino, la routine che uccide l‘amore. Lo scrittore si racconta a Panorama e, in anteprima, parla del suo nuovo romanzo, Il teatro dei sogni. Sul Covid dice: «Ci ha insegnato a vivere una vita non ripetitiva e ad abbracciarsi di meno».
Se uno è portato, diventa cinico anche facendo il salumiere o l’elettrotecnico. No, io sono nato ottimista, trovo sempre il lato buono delle cose». Questo è Andrea De Carlo, anche se la citazione è dell’immortale La donna della domenica di Fruttero&Lucentini. Che in comune con il suo ultimo romanzo, Il teatro dei sogni (in uscita per La nave di Teseo), ha una certa atmosfera blasée. A Panorama lo scrittore spiega che distanza c’è tra i nostri sogni e la realtà. Mettendo in scena quattro personaggi emblematici: un’assessora di un partito sovranista, un sindaco del movimento Rivolgimento, un marchese sognatore e l’inviata televisiva di una trasmissione trash. «Ho iniziato prima del Covid e ho continuato durante il lockdown. Da sempre scrivo in una casetta isolata. Inevitabilmente lo spirito di quei giorni si è riversato nelle pagine. Il romanzo si affaccia su quel baratro».
Per la prima volta la politica entra prepotentemente nella storia.
Volevo raccontarla da dentro. È stato un viaggio interessante. E poi la politica è onnipresente, pervasiva.
Perché ha scelto come ambientazione un paese del Nord?
È un ibrido tra la Brianza e il Nord Est. Un luogo come ce ne sono tanti. Un’Italia devastata.
Villette che sono il trionfo dei geometri, sale slot, capannoni inutilizzati… è così la nostra provincia?
Non posso fare a meno di vedere tutto quello che di brutto è stato fatto a un Paese molto bello. Abbiamo una storia architettonica incredibile e una più recente di devastazione incontrollata. Inventando Cosmarate di Sopra e di Sotto racconto che non esiste una separazione netta tra zona residenziale e industriale. C’è una mancanza di controllo, che poi è legata alla corruzione.
Però i nostri centri storici sono i più belli del mondo.
Per sopravvivere cerchiamo di metterci i paraocchi. Antonio Cederna, giornalista e intellettuale, aveva inventato il termine «rapallizzazione»: da un meraviglioso centro storico sulla costa ligure, Rapallo, si passava all’orrore dei condomini.
E in tutto questo squallore appare il teatro dei sogni?
Un teatro ellenico simbolo di antica armonia, un messaggio di equilibrio. Per me è il modello della bellezza perduta.
Anche l’amore nel romanzo sembra ormai perduto, restano solo gli abbracci.
Oggi finalmente capiamo l’importanza dell’abbraccio di cui avevamo ampiamente abusato. Prima si abbracciava chiunque, anche persone con cui non avevi intimità. Forse se poi non tornassimo ad abbracciare tutti sarebbe meglio.
La sua descrizione del matrimonio dovrebbe essere letta prima del fatidico «sì»: cali di libido, digestioni difficili, ciabattamenti per casa, bollette da pagare, regali poco pensati, abiti da portare in lavanderia. Anche il suo è stato così?
È tempo che non sono più sposato, ma so cos’è una relazione. È come quando si scatta una serie di fotografie allo stesso prato: cresce, ingiallisce. Ho applicato un’acceleratore estremo a 20 anni di vita coniugale. La quotidianità ripetuta ha un effetto allucinante.
Ma allora dove sono finiti i sogni?
C’è ancora chi ha voglia di sognare. Il sogno è avere fantasia, immaginazione. È una cosa creativa che non costa niente.
Lei cosa sogna?
Un incubo ricorrente è trovarmi in una città che non conosco senza documenti né soldi. Un altro molto più bello è che riesco a volare. Ed è terribilmente facile. Mi auguro che la vita sia un volo lieve. Le donne sognano di più, soprattutto che i loro compagni possano cambiare. Ma è molto raro.
Lei descrive per le donne in politica un misero destino.
L’assessora sa di doversi confrontare con un mondo di maschi che tendono a prevaricare, a fare gruppo tra loro, spesso la trattano con una certa condiscendenza. E lei dice: «O cerchi di essere un uomo e non ci riesci mai fino in fondo, oppure ti metti sotto la tutela di qualcuno. Altrimenti sei solo un elemento decorativo». Credo che sia tuttora così. L’idea che ci possa essere un premier donna in Italia non è realistica.
Rivolgimento appare come un ritratto impietoso del Movimento 5 Stelle, è così?
Buzzolato, il loro sindaco, è un poveraccio, ma all’inizio ci ha creduto. Ha visto questa forza che poteva dare voce a chi non ne aveva e ne ha approfittato. È uno sprovveduto, ma non è uno stupido e vede come sono i leader nazionali. Persone senza competenze, finiti in ruoli di enorme responsabilità senza averne lo spessore.
Tuttavia alla fine si trasforma in un politico cool. Tutto è possibile allora?
Oggi il condottiero politico non è certo uno che si è forgiato sul campo. Ma piuttosto che lì si è trovato per caso. Certo, se ha lo spin doctor giusto può essere affinato. Anche se alla fine resta sempre quello che è.
Lei da che parte sta?
Volevo raccontare quel mondo non attraverso un filtro ideologico, che non ho, ma da un punto di vista ravvicinato. Con due personaggi che sono dentro la mischia della politica locale, che è sempre meno locale. Come vediamo adesso con le prossime elezioni regionali. I confini sono molto permeabili.
Alla fine di questo viaggio che idea si è fatto?
Quelli che sembrano innocui sono semplicemente incompetenti, altri hanno disegni più oscuri, confusamente oscuri.
Che futuro immagina?
È difficile fare programmi ormai, è uno degli effetti a lungo termine di quello che sta succedendo. Da un lato ci può gettare nello sconforto, dall’altro può costringerci a non ripetere in modo automatico ciò che facevamo.
Tanti dicevano che mai saremmo tornati al mondo di prima, e invece?
Appena tutto si è potuto mettere in moto, ci siamo precipitati a essere come prima.
Ha ancora quello sguardo multicolore di cui scrisse Italo Calvino per il suo primo romanzo Treno di panna?
Lo sguardo è rimasto quello lì, ma sono passati tanti anni. È cambiato il mondo, sono cambiato io. Allora ero un etologo che osservava il comportamento esterno. Oggi mi interessa capire cosa succede dentro le relazioni. Calvino è stato un parametro nella mia scrittura.
Che uomo era Calvino?
Riservatissimo, lasciava parlare perlopiù sua moglie. Ricordo un paio di cene a casa sua dietro il Pantheon, lui stava zitto. Era un passo indietro, trincerato. Oggi in un programma televisivo non riuscirebbe a dire nulla. Me lo immagino come paralizzato.
Alla fine anche i cinesi proveranno a mettere le mani sul teatro. Crede davvero che governeranno il mondo?
Sicuramente è un’idea che hanno e stanno marciando in quella direzione. Immaginate che tutto ciò che è fatto in Cina di colpo sparisca. Resteremmo senza gadget elettronici, elettrodomestici, vestiti… anche i nostri computer scomparirebbero. Basta guardare cosa stanno facendo in Africa, in Asia. Recentemente hanno comprato una regione dell’Argentina per allevare maiali. In Australia hanno intere fattorie che producono latte per la loro classe alta, che non vuole bere quello cinese inquinato. Hanno un piano di dominazione del mondo, non c’è dubbio.