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L’indagine è partita in dogana il 6 aprile scorso, quando è stato controllato un carico di mascherine ffp2 dirette alle caserme dell’Arma dei Carabinieri di Piemonte e Valle d’Aosta. 

Ora vari comandi dei carabinieri sono al centro di alcune indagini per corruzione. Tutti i militari coinvolti sono finiti guai per aver avuto a che fare con un imprenditore di origine cinese, Wang Qiang, 37 anni, residente a Moncalieri.

L’imprenditore avrebbe coltivato negli anni una rete conoscenze e amicizie nelle forze dell’ordine. Rapporti – come riporta La Stampa – sospetti, emersi nel più banale dei modi: dalla memoria del suo telefono cellulare, sequestrato dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta di contrabbando fraudolento di mascherine, scattata lo scorsa primavera nel pieno del lockdown.

Un terremoto. Dall’esame di quello smartphone sono scaturite varie indagini: una riguarda l’ufficio amministrativo della Legione Piemonte e Valle d’Aosta dei carabinieri, un’altra il nucleo ispettorato del lavoro dell’Arma. Tra i vari filoni, sono una decina gli indagati, tra cui 4 carabinieri, tra ufficiali e sottufficiali, tutti rimossi.

L’accusa per il tenente colonnello a capo del Servizio Amministrativo, è di aver disposto l’acquisto di 47 mila FFp2 di troppo, per soddisfare la richiesta dell’imprenditore cinese conoscente del marito che in quel modo avrebbe potuto aggirare le norme emergenziali che prevedevano il sequestro di tutto il materiale di protezione individuale non destinato a ospedali, farmacie o a uffici della pubblica amministrazione. E inoltre non avrebbe pagato le tasse doganali. In cambio, avrebbe ottenuto uno smartwatch del valore di un centinaio di euro.

Durante l’interrogatorio il tenente colonnello ha spiegato – secondo quanto riporta Repubblica – di aver commesso ” una leggerezza ” , sovrastimando il fabbisogno di mascherine per l’arma, ma ha anche spiegato il momento di piena emergenza negando di aver agito per un tornaconto personale. Nessuna corruzione dunque, solo l’estrema urgenza di dotare i carabinieri di mascherine nel più breve tempo possibile.

“Ho sbagliato, ma pensavo che fosse l’unico modo per sdoganarle in fretta. Ero l’unica a gestire gli acquisti e c’era l’emergenza. L’orologio era un regalo di Natale a mio marito. Non l’ho fatto per interesse personale, ma solo per averle subito“. Il rischio sarebbe stato averle a giugno. Troppo tardi, perché i carabinieri, per strada, ne avevano davvero bisogno.









Articolo tratto dal Portale di Informazione InfoDifesa